Bologna, 1 marzo 2020 – Due casi positivi al Coronavirus in città. Un ragazza di 23 anni è ricoverata nel reparto di Malattie infettive del Sant’Orsola, mentre un uomo di 42 anni è in isolamento nella propria abitazione. Sono entrambi residenti in città e – aspetto rassicurante – sono riconducibili al focolaio lombardo. "Non c’è un cluster (gruppo, ndr) autoctono", assicura Raffaele Donini, assessore regionale alla Sanità.
La donna, non italiana, ma nel nostro Paese da anni, sarebbe stata a pranzo la settimana scorsa con un’amica originaria di Codogno, risultata poi anche lei positiva. Dopo questa informazione la ragazza ha contattato il numero verde ed è stata presa in carico dall’Igiene Pubblica che l’ha monitorata in isolamento domiciliare fiduciario. Ma nei giorni scorsi si è sentita poco bene e pertanto è stata inviata nel reparto di Malattie infettive del Policlinico, dove è attualmente ricoverata con febbre. "Le sue condizioni non destano preoccupazioni – precisa l’infettivologo Luciano Attard, componente dell’unità di crisi – ed è stata ricoverata perché sintomatica. Venerdì aveva la febbre alta, ora va meglio, ma stiamo seguendo il decorso dell’infezione. Gli esami del sangue sono perfetti. Effettuerà una radiografia del torace a breve. Attualmente non mostra segni clinici di polmonite. La seguiremo fino alla guarigione".
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Gli specialisti si stanno consultando sulla terapia. "Al momento è in terapia con antipiretici e non c’è bisogno di altro. Visto che oltre l’80% dei pazienti mostra un quadro di malattia lieve che giunge spontaneamente a guarigione non è previsto allo stato attuale soprattutto in una paziente giovane e in buone condizioni come lei, un trattamento antivirale". La ragazza vive con la madre, che al momento è in isolamento volontario in attesa dell’esito del tampone, a cui anche lei è stata sottoposta. Il dipartimento di Igiene pubblica, intanto, ha già ricostruito tutti i movimenti e i contatti avuti dalla ventitreenne e dalla madre nei giorni scorsi. Ma sembra siano, per entrambe le donne, molto limitati.
L’altro paziente, un impiegato, nelle settimane passate è stato nelle zone del focolaio per motivi personali. E quando sono comparsi i primi sintomi, negli scorsi giorni, ha chiamato il suo medico di medicina generale, che a sua volta ha allertato il dipartimento di Igiene pubblica. A quel punto, gli è stato fatto il tampone a casa, dove è tuttora in isolamento, ma in buone condizioni. Anche per lui è già stata ricostruita tutta la catena di contatti, che sembra più numerosa rispetto a quella dell’altra contagiata.
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Donini, nell’incontro in Regione, si sofferma sul ruolo dei medici di famiglia. "L’uomo ha chiamato il suo medico di medicina generale che ha attivato il servizio di Igiene pubblica – sottolinea l’assessore – e questo significa che i medici di medicina generale sanno benissimo cosa fare e sono in condizioni di rapportarsi con tutte le strutture ospedaliere ricettive rispetto a questa patologia. Non ha mai lasciato la propria abitazione. I sanitari sono andati a casa, gli è stato fatto il tampone e sta bene. Aveva una ragione per potersi allarmare, ma non per essere ricoverato. La donna aveva sintomi e per questo è ricoverata in Malattie infettive".
Donini ci tiene a sottolineare che i due malati hanno seguito le procedure "in assoluta sicurezza" e con un "percorso protetto". Quindi, precisa con soddisfazione, "stiamo parlando di una consapevolezza da parte dei cittadini che aiuta moltissimo e ci fa ben sperare per vincere questa battaglia". I tamponi sono stati eseguiti nel laboratorio del Centro di riferimento regionale per le emergenze microbiologiche, Crrem, ormai attivo giorno e notte, diretto dalla professoressa Maria Carla Re.