
Bologna, 27 marzo 2025 – La Guardia di Finanza ha confiscato beni per oltre 4 milioni di euro a Salvatore Marrazzo della pizzeria La Bella Napoli di Bologna, imprenditore riconosciuto dalle Fiamme Gialle come “socialmente pericoloso”.

Il provvedimento di confisca, diventato definitivo dopo la sentenza della Cassazione, è stato eseguito dalle Fiamme Gialle nei confronti dell’imprenditore 53enne di origini campane, ma residente da anni a Bologna, e comprende sette compendi immobiliari, che si trovano principalmente nel centro storico di Bologna e di Riccione, alcuni dei quali utilizzati per attività commerciali tra cui (tra cui il ristorante-pizzeria 'La Bella Napoli' di via San Felice a Bologna e il bed and breakfast 'Maison Juliette' di via Riva Reno, nelle immediate vicinanze), disponibilità monetarie, polizze vita e altri strumenti finanziari per oltre 1,6 milioni di euro; infine una società titolare delle suddette attività commerciali. Tutti i beni confiscati – dice la Guardia di Finanza nel comunicato – hanno un valore di stimabile in circa 4,4 milioni di euro complessivi.
L’imprenditore risulta coinvolto in un’indagine condotta tra il 2018 e il 2020, nel cui ambito era stato arrestato con altre sei persone per aver architettato un sistema di “fallimenti pilotati a catena”, con correlata e ingente evasione fiscale.
I successivi approfondimenti sviluppati dagli investigatori del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria hanno consentito di accertare, sul conto dell’uomo, una spiccata “pericolosità economico-finanziaria”, ricostruita grazie a una meticolosa opera di analisi e valutazione del suo ampio e variegato “curriculum criminale”, contraddistinto da numerosi episodi delittuosi di natura tributaria, fallimentare e contro il patrimonio, peraltro in continua escalation essendo passato, in pochi anni, da truffe di lieve entità, all’ideazione di articolati meccanismi di frode evasivo-fallimentari, spesse associandosi con soggetti pluri-pregiudicati.
Questa abituale propensione a delinquere ha dato modo al soggetto di accumulare un “tesoretto” quantificabile in circa 9 milioni di euro, tale da significare per lo stesso e il nucleo familiare non solo l’unica fonte di sostentamento - anche alla luce degli irrisori redditi dichiarati negli anni (poco più di 400 mila euro in 25 annualità d’imposta) - ma anche la “base finanziaria” cui poter attingere per perfezionare dispendiosi investimenti societari e immobiliari tra Bologna e la Riviera Romagnola. Buona parte delle risorse così impiegate provenivano - come ricostruito grazie alla cooperazione giudiziaria internazionale - da conti correnti accesi presso una banca croata, ove venivano “dirottate” ingenti somme di denaro provenienti dalle società “pilotate” al fallimento e/o sottratte ad imposizione in Italia. Da qui, le risorse venivano fatte rientrare in Italia mediante vari escamotages per essere, come detto, reimpiegate in rilevanti investimenti immobiliari e commerciali.
Nel corso delle indagini, è stato altresì effettuato un mirato confronto tra i redditi dichiarati negli anni dall’imprenditore - nonché dai componenti del nucleo familiare (cd. “terzi interessati”) – e l’agiato tenore di vita palesato, i fabbisogni di spesa e gli ingenti investimenti effettuati nel tempo, da cui è emersa una manifesta sproporzione quantificabile, come detto, in circa 4 milioni di euro.
La complessa indagine è stata coordinata dal pm della Direzione distrettuale antimafia Flavio Lazzarini e sostenuta in appello dalla sostituta pg Antonella Scandellari, mentre i finanzieri del Comando Provinciale Bologna hanno dato esecuzione a un decreto di confisca emesso dalla Corte d’Appello felsinea, ai sensi della normativa Antimafia, divenuto definitivo con il pronunciamento della Corte di Cassazione che ha confermato integralmente il sequestro già operato a settembre 2022, su provvedimento della Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Bologna.