FRANCESCO MORONI
Cronaca

"Con le ‘Jordan‘ ho messo ai piedi la mia passione"

Marco Evangelisti, fondatore di Backdoor Bottega, è tra i maggiori collezionisti delle scarpe da basket

di Francesco Moroni

Oltre la linea dei tre punti, oltre il campo da gioco, oltre i palazzetti di pallacanestro c’è un fenomeno nato negli Stati Uniti e arrivato in tutto il globo, legato a un nome che non ha bisogno di presentazioni: Michael Jordan. E quello delle scarpe da basket indossate dal numero 23, delle ‘sneakers’, è un mondo che trova sotto le Due Torri, da Backdoor Bottega (in piazza Galileo 3), uno dei più grandi collezionisti del genere. Marco Evangelisti, classe 1978, ha iniziato ad accumulare le Jordan quando aveva 12 anni. Ora la sua collezione vanta quasi 700 pezzi ed è tra le più invidiate per completezza, non essendosi lasciato sfuggire neanche un’uscita. Un mosaico di numeri, colori, lacci e linguette che attira appassionati grandi e piccoli.

Qual è il modello di Jordan da cui è partita la collezione, la sua prima scarpa?

"Sono partito dalle Jordan V del 1990. A Bologna, e non solo, se ne parlava ancora poco: c’era un negozio in via de’ Poeti che si chiamava ‘All American’ ed era uno dei pochi rivenditori. Mi ricordo questo modello nero e argentato: le acquistai per sfoggiarle, farle vedere agli amici".

Nel tempo questa cultura è cambiata, quasi come un vero e proprio ‘cult’.

"All’inizio era più una questione di stile e di abbigliamento, poi si è passati al collezionismo. E come tutte le mode, ci sono stati degli alti e bassi. Oggi c’è un mercato particolare intorno alle Jordan, in cui ha preso piede anche il ‘reselling’, cioè l’attività di acquistare i modelli, dai canali online alle aste, fino agli scambi con i grandi collezionisti, e rivenderli a un prezzo maggiorato".

Ci sono gli appassionati, quindi. Ma anche coloro che ne hanno fatto una sorta di lavoro per guadagnare.

"Proprio così, il discorso è molto vasto. Ricordo quando, a cavallo del 1997, personalmente ho iniziato a trattare le scarpe in modo diverso, a ripulirle e metterle nella propria teca una volta indossate: così nasce la passione di fare il collezionista. Al tempo c’erano molti meno modelli, al massimo due o tre versioni ogni anno in diversi colori, mentre oggi il numero delle uscite è cresciuto a dismisura".

Poi ha deciso di aprire Backdoor Bottega, nel 2007.

"Per quello che riguarda la mia esperienza, il fenomeno legato alle scarpe di Michael Jordan è qualcosa che si è evoluto ed è andato oltre. Oltre la moda, oltre il puro collezionismo: è qualcosa di mondiale, che ha superato i tempi e le aspettative. Oggi non vediamo ancora una fase calante, ma ci sono sempre più persone, anche giovanissimi, che mi fanno i complimenti per la passione che trasmetto, che entrano in negozio e mi salutano chiedendomi delle Jordan e manifestando tutta la propria gioia nell’ammirare le scarpe. La serie Netflix ‘The Last Dance’, che racconta i titoli vinti dal numero 23 con i Chicago Bulls, ha fatto il resto, avvicinando anche i più giovani".

Anche chi non ha mai visto giocare Jordan, dunque, sa di cosa si parla quando si nominano queste ‘sneakers’.

"È un po’ comico, forse, ma ricevo davvero tanti messaggi. Una manifestazione stupenda".

Quando ha iniziato non si aspettava che il fenomeno potesse diventare così grande...

"Ovviamente no. Negli ultimi anni ho cominciato anche ad acquistare, tramite aste online, alcuni pezzi tra scarpe, canotte da basket e mazze da baseball autografati dallo stesso Jordan. Ma se si guarda oltreoceano, vediamo anche come alcuni modelli siano stati venduti anche per 250mila dollari. Sono cifre pazzesche".

La scorsa estate, sono state messe in commercio le ‘Air Jordan Ship Pro Banned’, un modello che al tempo, al numero 23, fu vietato di indossare. Se dovesse scegliere una scarpa, quale sarebbe la sua preferita?

"Direi le Jordan VI ‘Carmine’, bianche e rosse. Se penso a un’immagine di Jordan in campo, lo faccio con quelle scarpe ai piedi. Ma anche le Jordan III, o le Jordan I... ce ne sono così tante!"