Il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha chiesto al Tribunale amministrativo regionale di annullare le quindici ordinanze che regolano, applicando gli atti di indirizzo del Comune, la città a trenta all’ora di Bologna. La formale e sostanziale richiesta di revoca sta all’interno della costituzione in giudizio del Mit stesso, che ha sposato il ricorso al Tar inoltrato da due tassisti e dal consigliere comunale, capogruppo di FdI sotto le Torri, Stefano Cavedagna. Tutti e tre assistiti dall’avvocato del foro bolognese Silvia Marzot.
Oggi, in particolare, si terrà al Tar una camera di consiglio, dove una volta discusse le questioni preliminari di rito eccepite dal Comune, i ricorrenti chiederanno che venga fissata una udienza di merito a breve. Il tema è rilevante: la materia della circolazione stradale coinvolge diversi diritti, secondo chi ricorre tutti costituzionalmente garantiti. Ovvero il diritto alla sicurezza personale, il diritto alla salute, gli aspetti ambientali e il diritto alla mobilità. Nel ricorso, come detto, si è costituito anche il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti a sostegno della tesi dei ricorrenti, che puntano alla revoca dei 30 all’ora così come predisposti su quasi la totalità (la 70%, attualmente) del territorio bolognese.
Il ricorso richiama chiaramente l’ultima direttiva del Mit, datata primo febbraio 2024. E anche la memoria di costituzione in giudizio di Porta Pia è molto chiara. "Bologna ‘Città 30’ non corrisponde ai parametri e alle regole finora riferite, se è vero, come è vero, risultando dalla documentazione prodotta in causa dai ricorrenti, che il 70% delle strade urbane e della 18 città metropolitana sono state genericamente asservite a un’imposizione minima di 30km – si legge nelle memoria del Mit, inoltrata dall’Avvocatura dello Stato –. L’inversione del rapporto regola-eccezione che ne è derivato e la mancanza di adeguate giustificazioni, tradotte in altrettante motivazioni, rendono le ordinanze impugnate non conformi al Codice della Strada. Il ministero confida in una decisione che ripristini il corretto rapporto istituzionale fra Mit e Comune, in conformità alla ponderazione bilanciata degli interessi pubblici già effettuata dal legislatore e dal ministro". Tradotto, Roma ha chiesto l’annullamento delle ordinanze. Palla al Tar, e non escluso che a questo punto arrivino anche altre impugnazioni sul tavolo dei giudici.
In opposizione si sono costituite la Fondazione Michele Scarponi e il Fondo di garanzia per le vittime della strada. La battaglia al Tar arriva dopo tre mesi esatti dal varo della Città 30, e soprattutto dopo che lo stesso Mit aveva reiterato l’ultimatum a Palazzo d’Accursio per la sospensione del provvedimento generalizzato su tutto il territorio comunale. L’ultimo avvertimento è scaduto il 31 marzo, e visto che l’interlocuzione diretta tra ministero e Comune è al palo – l’unico filtro, che non sortisce effetti, è quello dell’Anci – ora la richiesta di revoca è arrivata al tribunale amministrativo. Sempre considerando che il ministero potrebbe anche disapplicare le ordinanze, rifacendosi all’articolo 142 del Codice della strada. L’udienza di merito, a meno di colpi di scena, ci sarà tra qualche mese.
Intanto, il movimento ‘Una Bologna che cambia’ ha annunciato una nuova manifestazione contro i provvedimenti del Comune. Stavolta il bersaglio è la chiusura del centro storico. "Abbattimento aree verdi, città 30, degrado, continui lavori in tangenziale, desertificazione dei quartieri – si legge sulla pagina social del movimento –. Questi sono solo alcuni dei temi che tratteremo nella manifestazione organizzata dal gruppo gruppo unito ‘Una Bologna che cambia, giovedì 18 aprile alle 18 in Piazza Nettuno a Bologna. Vogliamo dare voce agli esercenti di via Reno e di tutto il centro storico, massacrato dai cantieri". Già annunciata la presenza della Lega.