Bologna, 12 novembre 2021 - Nessun demone nella testa, perché l’omicida di Chiara era pienamente in grado di intendere e volere. Per questo potrà prendere parte al processo. Eccolo quel punto fermo attesissimo, necessario per fare piena luce sull’atroce morte di Chiara Gualzetti, 15 anni appena, picchiata e accoltellata sulla collinetta ai piedi dell’abbazia di Monteveglio il 27 giugno. Omcidio premeditato aggravato dai futili motivi: questo il capo d’accusa che pesa sulla testa dell’aguzzino della giovanissima. Pochi mesi più di lei, un’amicizia nata sui social, un mese da stagista come elettricista sul furgone di Vincenzo Gualzetti, papà di Chiara, e qualche pranzo nella loro abitazione in via dell’Abbazia. "Tutti gli stagisti di Enzo – ricordò Giusi, la moglie – una volta si sono fermati da noi". Così anche chi, quella maledetta domenica di inizio primavera, ha attirato in trappola Chiara per poi strapparle il sorriso.
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Chat cancellate
Ci vediamo domani alle 9.30, le aveva scritto la sera prima il futuro assassino. Poi l’arrivo in bici, pedalando per quella manciata di chilometri che separano l’abitazione di Chiara dalla sua, con in spalla lo zaino e quella lama nascosta. All’orario stabilito, i due verranno ripresi dalle telecamere dei Gualzetti: lei che gli corre incontro, lo abbraccia, gli accarezza i capelli, poi a piedi verso l’Abbazia. Pochi minuti più tardi la morte e i tre messaggi vocali inviati dal ragazzo a un’amica, con il corpo di Chiara esanime abbandonato tra gli arbusti: l’ho fatto. Non solo. Altri messaggi deliranti vennero inviati ad altri coetanei, chat poi cancellate dal sedicenne poco prima di andare per la prima volta in caserma. Dove crollò durante la seconda ’chiacchierata’ avvenuta in nottata davanti ai carabinieri della Compagnia di Borgo Panigale e al magistrato. "Lei mi stava addosso". "Mi infastidiva" con qualche avances da ragazzina, disse, aggiungendo che Chiara "voleva uccidersi ma non aveva il coraggio, così mi ha chiesto aiuto". A guidare la mano del ragazzo, spiegò a più riprese, sarebbe stato quel demone che "mi assilla da tempo".
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Perizia
E proprio "quelle voci" che avrebbe sentito, quel "demone" che gli avrebbe fatto impugnare il coltello da cucina, hanno portato la Procura dei minori a disporre una perizia sul suo conto, incaricando lo scorso luglio lo psichiatra e psicanalista esperto di minori Mario Vittorangeli. Un lavoro di oltre cento pagine, dettagliatissimo, frutto dei numerosi incontri avuti nel carcere del Pratello con il baby omicida, depositato alcuni giorni fa e che non lascerebbe nessun dubbio sulla capacità dello stesso. Lucido, freddo nell’agire. Ma soprattutto assolutamente capace di intendere e volere. Nel quesito del pm dei minori titolare del fascicolo, Simone Purgato, veniva chiesto al consulente se il 16enne fosse "pienamente o parzialmente" in grado di intendere e volere. Secca la risposta. E i presunti demoni nella sua testa? Non sarebbero tali da preludere a stati di delirio o allucinazioni.
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Verso il processo
I carabinieri arrivarono subito a lui, ’accompagnati’ dal ricordo di mamma Giusi, l’ultima a vederlo camminare verso l’Abbazia con la figlia. "Lunedì dopo pranzo – raccontò la nonna del ragazzo – l’ho visto a letto. Mi sono avvicinata, ho cercato di parlargli". Perché già su di lui e su quei messaggini ’spariti’, cancellati dallo stesso, correvano varie voci in paese. "Gli ho detto: ma lo sai vero che anche dopo 15 anni la Postale le trova?". La risposta fredda e spaccona: "Buon per loro". Con questo nuovo atto, ora, che segue il risultato dell’autopsia dello scorso mese, la Procura è pronta a tirare le fila, chiudere l’indagine per poi chiedere il giudizio immediato per il baby omicida.