Bologna, 21 novembre 2023 – "Basta, basta". Continua a ripeterlo Vincenzo Gualzetti, il papà di Chiara, la quindicenne di Monteveglio che due anni fa fu uccisa a coltellate nel parco dietro casa sua dal ragazzo che le piaceva, Andrea Iavarone, all’epoca sedicenne. Vincenzo, quando ha udito del ritrovamento del cadavere di Giulia Cecchettin, 22 anni, omicidio per cui è stato arrestato il suo ex fidanzato Filippo Turetta, ha rivissuto l’incubo. "L’ha uccisa a coltellate, una alla gola proprio come la mia Chiara", commenta Gualzetti.
Vincenzo, un’altra Chiara?
"Quando ho sentito che il corpo di Giulia era stato ritrovato e ho scoperto le modalità dell’omicidio, non ce l’ho fatta, mi sono messo a letto. Non le posso più sentire certe notizie. Ho rivissuto sulla pelle tutto quello che ho passato. Ho pensato al padre di quella povera ragazza, a quello che lo aspetta. Io ho trascorso due giorni, domenica e lunedì, senza sapere cosa era successo a mia figlia, lui ben sei. Ho ricordato quell’attesa snervante, ripercorso i pensieri. Credo che chi ha subito un evento simile poi riviva in prima persona il dolore degli altri nella stessa situazione. Io almeno al mio fianco avevo mia moglie Giusi, lui la sua l’ha già persa. La solitudine è terribile. Da quando Giusi non c’è più (spenta da una malattia a luglio, ndr), nessuno è qui per me".
La rabbia per l’assassino di sua figlia è ancora tanta?
"È tutto quello che resta. Ho letto che l’avvocato dell’assassino di Giulia Cecchettin sostiene che l’omicidio non fosse premeditato. Io capisco che stia cercando di fare il proprio lavoro, ma quello che chiedo è che una condanna, in casi come questi, sia una certezza. Non può essere una gara tra avvocati, in cui il più bravo è quello che fa uscire prima dal carcere un assassino. Serve una morale".
Ha fatto discutere la frase del difensore di Turetta sul fatto che il suo assistito facesse i biscotti alla ex, segno che non le volesse male. Che ne pensa?
"Non si può sentire. Nel mio caso fu addirittura detto che mia figlia era ’consenziente’, che voleva morire. Ecco, credo che non si debba arrivare a offendere le vittime e la loro memoria. Così si giustificano gli omicidi. Questi assassini sono tutti ’bravi ragazzi’. Giustificare la loro possessività o colpevolizzare la vittima non porta a niente di buono".
Lei da tempo si batte per ottenere pene più severe per i minorenni, giusto?
"Chi ha ucciso mia figlia è stato condannato a 16 anni e quattro mesi, il massimo della pena per un minore, ma ridicola in confronto a quello che ha fatto. Io chiedo pene più severe e certe, perché siano anche deterrenti. Poi dico basta, basta, lo domando con il cuore in mano. Una ragazza non può vivere con questa paura sulle spalle. Un genitore non può pensare che sua figlia esca di casa una mattina e non torni più perché qualcuno l’ha uccisa. Pur di perorare la mia causa e impedire che tanta violenza continui ad accadere, sono disposto a tutto. Anche se rivivere sempre tutto, tirare fuori il dolore ogni volta... Non è semplice".
Come pensa si potrebbero cambiare le cose?
"Per esempio fissando un’età minima per l’utilizzo di cellulari e social. Ne ho parlato con la segreteria della ministra Eugenia Roccella. Social e web sono pieni di idee violente e maschiliste. E il cellulare impedisce l’affettività tra giovani, eliminando il rapporto umano. Quando apriremo il nostro centro giovanile dedicato a Chiara, infatti, metteremo la regola che il telefonino resta fuori".