ANDREA BONZI
Cronaca

Cesare Alberti, bomber sfortunato. “Forte come Schiavio, un talento”

Sul podcast raccontiamo una storia degli anni Venti: fu il primo a operarsi di menisco, morì giovanissimo

Nella foto, a destra, Cesare Alberti, talento degli anni Venti stroncato prima da un infortunio e poi da una intossicazione alimentare

Nella foto, a destra, Cesare Alberti, talento degli anni Venti stroncato prima da un infortunio e poi da una intossicazione alimentare

Bologna, 25 marzo 2025 – Un bomber devastante e sfortunatissimo, volato via da questa terra poco più che ventenne. La storia di Cesare Alberti, attaccante dei rossoblù degli anni Venti, proveniente dalla ‘nidiata’ di cui faranno parte i campioni che poi vinceranno il primo scudetto rossoblù (1925) merita di essere riscoperta. Una vicenda che contiene tutti gli ingredienti per appassionare: il talento cristallino di un giocatore capace di segnare 32 gol in 45 partite, la forza di sapersi rialzare da un’operazione al menisco, la prima effettuata ad un atleta in Italia, un tragico amore e una fine prematura.

Tutto questo lo potrete ascoltare dalla viva voce del giornalista ed esperto di sport, Marco Tarozzi, nella puntata di oggi de ‘Il Resto di Bologna’, il podcast della nostra redazione.

“Bolognese doc, Cesare ‘Mimmo’ Alberti era nato a San Giorgio di Piano nell’agosto 1904 – spiega Tarozzi – oggi si direbbe che era un campioncino della ‘cantera’ rossoblù di Angelo Badini. A 16 anni esordì in campionato e, tra 1920 e 1922 disputò 45 partite segnando 32 gol, un bomber di razza, che poi aprì la strada a Schiavio’. A fermarlo fu un brutto infortunio: la rottura del menisco, che negli anni Venti corrispondeva alla ‘morte’ sportiva. ‘Il Bologna gli regalò il cartellino, scaricandolo con affetto, diciamo – continua Tarozzi -. Ma William Garbutt, allora allenatore del Genoa lo chiama con una proposta: ‘Fatti operare dal dottor Drago e, se le cose vanno bene, in cambio giochi per noi’. E così fu: dopo ben due anni, nel 1924, Alberti non solo torna in campo, riprende a segnare raffica per i liguri”.

Ma il destino – come racconta lo stesso Tarozzi nel corto diretto da Orfeo Orlando, Sono Cesare, ma chiamatemi Mimmo – era in agguato. Un’infezione virale, causata a quanto pare da un piatto di ostriche mangiato con i compagni del Genoa, lo manda in ospedale e sarà causa della sua prematura morte, a soli 22 anni. “Per un po’, sul caso aleggia l’ombra di un mistero: c’è di mezzo una donna bellissima e volubile, a cui Mimmo aveva appena detto addio poche ore prima della cena fatale con i compagni. Nessuno dei quali, tra l’altro, rimase intossicato”, specifica Tarozzi. Alberti voleva tornare dall’amore della sua vita, Caterina, la figlia di Rinaldi, il custode dello Sterlino. La donna misteriosa nemmeno andrà a cercarlo in ospedale, dopo. Né si presenterà al funerale, sparendo per sempre dalla città.

Cosa resta di Alberti? “Beh, il rimpianto di non aver potuto vederlo giocare assieme a Schiavo, che lo sostituì a Bologna. Una coppia così, non si era mai vista. E forse non si sarebbe vista mai”, chiude Tarozzi.