Bologna, 14 settembre 2022 - Non solo il liceo Malpighi, ma anche le Scuole Manzoni e prima ancora, ben nove anni fa, l’Istituto Beata Vergine di San Luca ovvero i Salesiani. Il divieto del cellulare in classe e la consegna al prof della prima ora e la riconsegna all’ultima, magari con uno stacco per l’intervallo, è una realtà consolidata. Certo, prime a partire sono le scuole non statali, ma anche tra le statali la riflessione è aperta.
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Se non oltre: basta sfogliare il Carlino a ritroso per scoprire che nel 2011 l’allora IIA del liceo Righi si è sconnessa per una settimana intera: dalla mezzanotte del 12 dicembre a quella del 18; 144 ore senza clic o beep beep, 8.640 minuti senza taggare, postare o chattare. Un’idea della prof di Italiano, Matilde Maresca che ha provocato i suoi studenti, incassando il loro plauso e conseguente riscoperta di carta e penna oppure libri cartacei.
Al Malpighi il detox da smartphone, dopo una sperimentazione con una classe lo scorso anno scolastico, ora è esteso a tutti i 530 liceali. Alle Scuole Manzoni, medie o liceo non fa differenza, a decidere se consegnare o meno l’aggeggio elettronico è il prof. Fermo restando che, essendo i 500 studenti tutti dotati di ipad, il controllo tramite apposito software è ferreo. E così, se il cellulare s’ha da consegnare, ecco il cestino pronto. Al netto dell’intervallo dove lo smartphone può essere riacceso, le ore di sconnessione sono le sei canoniche di lezione. L’idea di fondo delle Scuole Manzoni, ricorda la preside Giovanna Pagani: "E’ educare i ragazzi all’uso consapevole delle nuove tecnologie". Come scuole "noi ci mettiamo in gioco e i ragazzi, questo, lo comprendono".
All’Istituto Beata Vergine di San Luca, lo stop al cellulare in classe compie quasi due lustri. Medie, liceo, istituto tecnico o professionale tutti uguali: i mille studenti di via Jacopo della Quercia, appena varcano la porta dell’aula, consegnano il telefonino che viene messo in una scatolina personalizzata. Per i piccoli, il tutto finisce sottochiave in una stanza ad hoc, per i grandi no. L’importante, rivela Don Giovanni Sala, direttore dell’Istituto, "è che rimanga il contatto visivo". Se poi un ragazzo deve uscire, può riprenderlo e poi lo riconsegna. "Nove anni fa, i ragazzi fecero fatica: cambiare è faticoso. Ora che conoscono la regola, se lo aspettano. Hanno imparato a staccarsi per qualche ora", rivela don Giovanni.
Se il cellulare "è in tasca, vibra: come si può stare attenti? Dopo una giornata si accorgono che non è così indispensabile". I risultati si vedono: "La scuola funziona meglio, i ragazzi sono più distesi e i provvedimenti disciplinari calano". Eventuali sos dei genitori? Zero problemi: dieci prof hanno il telefonino sempre acceso. Che questa ‘lezione’ "di fiducia" funzioni molto bene lo si tocca con mano al professionale dove, vista la presenza di macchine, la consegna del cellulare è un salvavita. "Gli imprenditori – spiega don Giovanni - dicono che facciamo bene, che è una buona educazione. Quando i nostri ragazzi vanno in stage in azienda, come prima cosa chiedono il cestino porta-cellulare".