Bologna, 3 agosto 2022 - Pronto soccorso sotto pressione, da una parte sale d’attesa piene di persone, dall’altra medici sempre di corsa per la carenza di personale.
Qual è, numericamente, la situazione delle strutture d’emergenza negli ospedali?
"L’ultimo censimento di Simeu risale al 1° giugno – risponde Rodolfo Ferrari, nella duplice veste di presidente regionale Simeu, la Società italiana di medicina d’emergenza-urgenza, e direttore del Pronto soccorso di Imola – e ci risulta che in l’Emilia-Romagna su 855 medici previsti ne manchino 340, ossia il 40%".
In quali zone avete rilevato le maggiori criticità?
"Le percentuali salgono nell’area spoke di Bologna, quindi nei Pronto soccorso della provincia, Bentivoglio, Budrio, San Giovanni in Persiceto, Bazzano, Porretta e Vergato. E anche a Carpi, Mirandola e Riccione".
Molti suoi colleghi lasciano il posto in cerca di altre attività: che cosa ne pensa?
"Li capisco, anche se mi sanguina il cuore. I nostri turni per intensità non sono paragonabili a quelli di nessun’altra figura medica, anche dal punto di vista quantitativo, qualitativo e di complessità. Si scappa dal Pronto soccorso perché vengono chiesti continuamente turni aggiuntivi e a volte non sono garantiti i riposi. Inoltre, non abbiamo un vero riconoscimento né della figura professionale né a livello di retribuzione. E la scuola di specializzazione in emergenza-urgenza diventa sempre meno attrattiva e molte borse restano vacanti".
Lei farebbe ancora la stessa scelta?
"Non lo so. Anche se rimane un lavoro bellissimo e creativo: bisogna tenere la mente aperta per arrivare alla diagnosi, saper sospettare le malattie all’esordio perché siamo i primi che arriviamo a visitare il paziente. Dobbiamo avere profonde competenze multidisciplinari e contaminazioni con tutte le altre figure specialistiche".
Ma ormai la soddisfazione è poca?
"È ridottissima. Si riversano nel Pronto soccorso coloro che non hanno trovato una risposta sul territorio o anche all’interno dell’ospedale perché ormai i letti sono pochi. E dilaga il fenomeno del boarding , ossia persone che al termine delle visite e degli accertamenti diagnostici attendono in Pronto soccorso il ricovero anche per più di un giorno. E anche le liste d’attesa contribuiscono a portare sempre più gente nelle nostre strutture e così aumenta la frustrazione sociale e nascono anche i fenomeni di aggressione, verbale e fisica. Del resto, siamo gli unici a non avere filtri in entrata, ma solo in uscita".
Si riferisce alle difficoltà dei ricoveri?
"Non solo. Spesso anche se un paziente non ha bisogno di ricovero, dobbiamo trovare a chi affidarlo. Alcuni hanno necessità solo di assistenza infermieristica o di qualche giorno di degenza in bassa intensità. Ma le famiglie spesso non sono in grado di risolvere questi problemi e il territorio neppure".
Nel Pronto soccorso che lei dirige quanti medici mancano?
"Due su 23, si tratta di gravidanze al momento non sostituite. E a volte tutti noi facciamo qualche turno in più secondo le necessità. Ma purtroppo la situazione di Imola non rappresenta la fotografia della situazione regionale".