BENEDETTA CUCCI
Cronaca

Bonnie Timmermann, la regina dei casting

Al Lumière per il doc che celebra il suo talento e la sua carriera. E su ’Ferrari’: "Ha ragione Favino, gli attori devono essere del posto" .

Bonnie Timmermann, la regina dei casting

Chi la riconosce a New York le dice: "Ma lei è quella di Dirty Dancing!". Nel senso di colei che scoprì Patrick Swayze e Jennifer Grey e li provinò per questo piccolo film di Emile Ardolino che ancora viene ricordato per il cast di attori allora semi-sconociuti. Poi la pellicola è diventata una delle più amate di tutti i tempi e un grande merito del successo va a Bonnie Timmermann, la signora dei casting di Hollywood. Classe 1947, minuta e ’all dressed in black’ un po’ esistenzialista, Timmermann è arrivata venerdì sera al Lumière per raccontare ’Bonnie’, il documentario di Simon Wallon dedicato a lei, uno dei film col cast più bello di sempre: Natalie Portman, Liam Neeson, Sigourney Weaver, Bruce Willis, Benicio del Toro, Chris Rock, Mark Ruffalo, Viggo Mortensen, Kate Winslett, Steve Buscemi, Rosie O’Donnell, Laurence Fishburne, Ben Affleck, Helena Bonham Carter, John Turturro, Sean Penn e tanti ancora.

Divissimi che abbiamo imparato ad amare attraverso grandi film, ma ancora giovanissimi, sconosciuti e tutti filtrati dall’occhio di Timmermann, dai suoi estenuanti ma empatici provini, che tutti insieme, conservati a Boston, formano un immenso monumento alla settima arte. Timmermann arrivava da Roma, dove era stata invitata dall’Unione italiana casting directors e dove la platea era mezzo mondo del cinema italiano e dello spettacolo. Per la versione bolognese si può dire ’pochi ma buoni’, tra cinefili, attori e direttori di casting nostrani. E il racconto a fine film è stato pieno di verve. A cominciare da un appunto su ’Ferrari’ di Michael Mann, regista con cui lei ha avuto una bellissima collaborazione, dai tempi di ’Miami Vice’ nel 1984, ovvero la narrazione dei casting più innovativi della storia. Timmermann entra nella polemica sollevata da Favino all’ultimo Festival di Venezia, rispetto al cast tutto straniero. "Ha ragione – ammette la professionista – se mi fossi occupata io del cast avrei cercato attori italiani, più vicini al senso e all’appartenenza della storia, ma ora che Michael fa film da tanti soldi ha anche bisogno di presentare alle case di produzioni attori molto famosi".

Di storie e provini ne sono passati a bizzeffe, dagli anni in cui Bonnie selezionava gli attori per Miami Vice, sdoganando la diversità, la razza, e tutti quei volti che senza di lei non sarebbero mai emersi. "A quei tempi – dice – girai in lungo e in largo per Miami in cerca dei volti più veri, neri, messicani, latini: andare per le strade, per la metro, guardando le persone è da sempre il mio metodo". Ma anche andare a teatro. "Vidi a Broadway Sean Penn e pensai: ’wow, voglio lavorare con lui’". Un unico cruccio nella sua carriera di rabdomante di attori – perché il suo talento, confessa, è quello di saper leggere l’anima e lasciarsi intrigare da uno sguardo - è per Gael Garcia Bernal: "Lo vidi recitare, mi piacque tantissimo, gli chiesi di fare un provino ma non mi convinse e quando mi domandò di riprovarci io gli dissi no", chiosa Timmermann.