
Andrea Bolognesi è il direttore del consorzio Canali di Bologna (Schicchi)
All’ipotesi delle vasche di laminazione si affianca ora quella del collettore di gronda: una galleria scavata sotto le colline della città. Si tratta però, come sottolinea Andrea Bolognesi (direttore di Canali di Bologna), "di un’eventualità di alto profilo", di tutt’altro ordine di grandezza in termini di costi e tempi di realizzazione rispetto alle vasche. La proposta degli invasi era stata avanzata dal comitato Salviamo il Canale Navile, che aveva individuato quattro aree: il parcheggio Ex Staveco, i Prati di Caprara, l’ex Cierebbi (davanti alla Certosa) e il Dumbo. Ma dell’ipotesi vasche di laminazione in collina ha parlato anche il Comune, un piano speciale da realizzare in accordo con la Regione.
Bolognesi, come agirebbe un collettore di gronda?
"Come uno scolmatore. Potremmo immaginarcelo come una galleria, che taglia orizzontalmente la collina, come fa il canale di Reno in città. Ma anziché tagliarla all’altezza dello stadio, lo fa sopra, prima della parte urbanizzata. E porta l’acqua, invece che da ovest verso est, da destra verso sinistra (guardando la cartina, ndr), quindi in senso contrario, verso il Reno. Opera che richiederebbe l’intervento dello Stato per centinaia di milioni di euro".
Come giudica la proposta delle quattro vasche di laminazione presentata dal comitato?
"Un volume di laminazione è sempre cosa buona, ma non sarebbe risolutivo nei confronti di chi ha subito l’alluvione. L’intervento proposto nel parcheggio Staveco potrebbe salvare una parte di centro e migliorare la qualità dell’acqua sul tratto successivo, quindi conseguentemente sul Navile, ma non proteggerebbe, in caso di alluvione, l’area di San Mamolo, Bellombra e Rivabella. Così come un invaso ai Prati di Caprara non proteggerebbe la zona di via Andrea Costa e Sabotino".
In che modo la vasca di laminazione potrebbe mitigare il rischio allagamenti sul territorio?
"La regola della vasca di laminazione è che protegge chi sta a valle della stessa. In poche parole: ciò che sta alle spalle della vasca non viene salvato; ciò che le sta davanti, sì".
L’ipotesi delle vasche in collina, dunque, potrebbe funzionare?
"In collina o ai piedi della collina. Un luogo collinare, con il bosco alle spalle, che se si allaga non ha grossi problemi, sarebbe l’ideale. Subentrano, però, problemi di fattibilità dal punto di vista strettamente geologico, perché la nostra è una collina delicata e acclive".
Quanto tempo ci vorrebbe per realizzare una vasca?
"Se è scavata in terra, vengono fatti solo movimenti con ruspe e i lavori potrebbero richiedere poco tempo, qualche anno. Un intervento interrato, invece, potrebbe allungarsi molto perché, oltre a realizzare il buco, bisogna consolidarlo con forzature di cemento armato e, soprattutto in città, possono saltare fuori resti archeologici o una vena d’acqua che scompaginano il discorso e il lavoro viene a costare dieci volte tanto".
Amalia Apicella