Andrea
Zanchi
E proprio il confronto con alcune città europee che hanno già adottato questa misura è uno degli argomenti più utilizzati dai promotori della ’città 30’. Che esiste a Bilbao, nei Paesi Baschi, quasi 350mila abitanti, due linee di metro già operative, altre tre in costruzione o allo studio, più tre di servizio ferroviario metropolitano; a Graz, in Austria, 350mila abitanti pure qui e nove linee di tram; a Helsinki (650mila abitanti e una linea di metro) e in capitali ben più grandi delle Due Torri, come appunto Parigi o Bruxelles, che hanno ramificate reti di metro e di trasporto suburbano. E Bologna? Può contare sui resistenti autobus di Tper che ti portano ovunque (ma i tempi li decide il traffico) e su un Sistema ferroviario metropolitano ancora indietro rispetto al ruolo che dovrebbe svolgere. Insomma, l’impressione è che la ’città 30’, sotto i portici, rischi di arrivare troppo in anticipo rispetto a quelle infrastrutture decisive per renderla operativa in modo sensato. E su questo si vedrà se l’amministrazione vuole davvero proporre un cambiamento di abitudini il più possibile condiviso e partecipato o invece solo piantare una bandierina per ragioni politiche. I rischi, nel caso, sono sempre gli stessi: dare vita a un provvedimento esclusivamente di facciata o, nella peggiore delle ipotesi, a un elemento destabilizzante per il movimento di un territorio dinamico come il nostro, che tutto può permettersi tranne che restare ingolfato, in strada e nei palazzi della politica. Il sindaco Lepore ha promesso di affrontare questo cambiamento "discutendo, ricalibrando, accompagnandoci, aprendoci al confronto e condividendo tutti gli elementi". La città si aspetta che se proprio lentezza dovrà esserci, non sia nell’ascolto e nella capacità di cambiare idea. E, se servirà, anche di fare marcia indietro.