Nella lettera scritta al cardinale Scipione Borghese Caffarelli, nipote di papa Paolo V, la canonichessa Semidea Poggi, dopo aver elencato le erbe e le piante necessarie per produrre il medicamento, descrisse il modo di prepararle, la sera, tramite "infusione in vino o in brodo". La mattina successiva il risultato dell’infusione doveva essere mangiato: "Non dubiti che con l’aiuto del Signore Iddio si spezzeranno le pietre (i calcoli) e lei orinerà senza dolore e resterà libero e risanato: non creda ai medici che le faranno danno anziché aiuto". Dalla documentazione trovata si comprende che si trattava di un infuso di viole. Il cardinal Borghese guarì e ringraziò la canonichessa che a sua volta ringraziò il cardinale per la sua "cortesia e generosità d’animo" e gli augurò l’elezione a Pontefice. Vera o falsa questa vicenda, nel monastero esisteva una spezieria molto attiva.
Marco Poli