Aveva definito il caso di Bio On, l’ex unicorno delle bioplastiche fallito nel 2019, una "nuova Parmalat". Gabriele Grego, numero uno del fondo speculativo Quintessential, con la pubblicazione del suo report dette il via all’uragano che, dopo l’inchiesta della Procura, portò al crac dell’azienda fondata da Marco Astorri.
Grego, nei giorni scorsi è arrivata la sentenza per il processo del crac di Bio-On. Cosa ne pensa?
"La vicenda di Bio-on, iniziata per noi nel 2019, è stata caratterizzata da anni veramente complessi. Sembra incredibile, ma hanno tentato di far passare noi, che abbiamo portato alla luce quanto poi emerso chiaramente, per i cattivi. Quindi è chiaro che abbiamo accolto con soddisfazione la sentenza".
L’obiettivo del report era quello di dimostrare l’irregolarità, ma effettivamente quell’operazione le fruttò diversi milioni.
"Il dato non è corretto, come poi confermato dalla documentazione Consob si tratta di circa un milione di euro. Da questa somma vanno però detratti centinaia di migliaia di euro per coprire i costi di due diligence, assistenza legale e comunicazione. Per un fondo delle nostre dimensioni, questo intervento non è mai stato un’operazione economica strategica, ma una scelta motivata dalla gravità delle anomalie riscontrate. Come già ribadito, una volta scoperta la natura fraudolenta della società, saremmo stati disposti a intervenire anche a titolo gratuito".
Nel commento dopo la sentenza ha detto che non è stata fatta piena giustizia. Perché?
"La magistratura, che si è dimostrata esemplare, evidentemente sta facendo tutto il possibile. Rimaniamo in attesa del secondo grado di giudizio, auspicando che questo possa consentire un rimborso parziale ai numerosi piccoli azionisti defraudati da Astorri, Cicognani e dagli altri presunti responsabili".
A cinque anni dal report, pensa ancora che Bio-On sia un ‘castello di carte’? E se sì, perché?
"È molto difficile pensare diversamente. La società ha generato ricavi irrisori, prodotto quantità infinitesimali di un materiale privo di reale innovazione, accumulato decine di milioni di debiti mai rimborsati e diffuso comunicazioni false sin dall’inizio. Da una valutazione di mercato di 1,3 miliardi di euro, Bio-on è stata, infine, svenduta per 17 milioni, cifra corrispondente al valore del terreno e dei macchinari obsoleti, dopo sette aste andate deserte. Anche escludendo i 70 milioni di debiti, il prezzo di vendita rappresenta appena l’1,3% della capitalizzazione iniziale. Come ha sottolineato il pm, si trattava praticamente di ‘aria fritta’: definirla un ‘castello di carte’ è stato forse persino indulgente".
Tra le accuse mosse nei confronti di Quintessential c’è anche che siate stati ‘armati’ da un concorrente, ma lei ha sempre negato.
"Si tratta di una teoria complottista, priva di fondamento, ripetuta ossessivamente dal management e dai suoi pochi sostenitori. Questa ipotesi è stata esplorata senza successo durante il processo, generando soltanto imbarazzo e disinteresse da parte della giuria. Come già dichiarato, l’intera operazione di trasparenza relativa a Bio-on è stata ideata, preparata e portata avanti dal sottoscritto. Inoltre, trovo singolare questa insistenza sull’eventuale coinvolgimento di un concorrente: una volta accertati gli illeciti, l’identità del whistleblower diventa un elemento di scarsa rilevanza".
Chiara Caravelli