Bologna, 21 novembre 2024 – Un esercito di batteri, molti dei quali nemmeno conosciuti, nelle acque reflue delle grandi città europee, Bologna inclusa. A questo hanno portato le analisi di un gruppo di ricercatori di vari Atenei, tra i quali anche quelli dell’Università di Bologna.
Sono così stati “caratterizzati” 2.300 specie batteriche, di cui oltre 1.300 finora mai descritte. Il fine della ricerca – che è stata pubblicata Nature Communications – è contrastare l’antibiotico resistenza, ossia la capacità dei batteri di resistere all’azione di contrasto degli antibiotici. Non si tratta più, purtroppo, di uno spettro ma di una drammatica realtà: l’arma migliore dei medici contro tantissime malattie è di fatto sempre più spuntata.
A cosa serve lo studio
Questi studio sui batteri permette, quindi, di “ampliare la conoscenza degli ecosistemi microbici ‘buoni’ e ‘cattivi’ con i quali interagiamo tutti i giorni senza rendercene conto e che possono favorire la diffusione di microrganismi resistenti agli antibiotici”.
“Contrastare l’antibiotico resistenza è fondamentale per il presente e il futuro della salute di tutti, in un pianeta sempre più globalizzato, ricco di interconnessioni e con un’elevata densità di persone e animali allevati – spiega Daniel Remondini, professore al Dipartimento di fisica e astronomia "Augusto Righi" UniBo che ha coordinato il gruppo di reicerca bolognese –. I metodi di analisi avanzata che abbiamo utilizzato diventano quindi molto importanti per identificare rapidamente e per monitorare le cosiddette epidemie silenziose: organismi potenzialmente pericolosi anche quando non producono effetti a livello clinico”.
Perché è pericolosa l’antibiotico resistenza
Come spiega l’Istituo superiore di Sanità, “i microrganismi multi-resistenti possono causare malattie anche molto differenti, per sito di infezione, per severità, per incidenza, possono essere sensibili a un numero più o meno elevato di chemioterapici e possono essere contrastati con diverse tipologie di strategie di prevenzione, inclusa la vaccinazione. La comparsa di patogeni resistenti contemporaneamente a più antibiotici (multidrug-resistance) riduce ulteriormente la possibilità di un trattamento efficace”.
Dove è stato svolto lo studio
L’analisi longitudinale è durata circa due anni: gli studiosi hanno quindi misurato e analizzato per la prima volta il contenuto microbico nelle acque reflue di sette impianti di trattamento in cinque città europee: Copenhagen, Rotterdam, Bologna, Roma e Budapest.
Perché le acque reflue
Le acque reflue sono uno specchio importante per monitorare la situazione in grandi spazi urbani. Tanto che a partire dal 2025, l’Unione Europea prevede di implementare sistemi di monitoraggio negli impianti di trattamento di tutte le città con più di centomila abitanti.
“Servono analisi più frequenti e più approfondite per fare luce sulle tante cose che ancora non sappiamo, a partire da migliaia di specie batteriche ancora da scoprire – aggiunge Remondini –. In questo modo, potremmo arrivare in futuro allo sviluppo di un sistema che, a partire da una serie di campioni presi da un impianto di trattamento, ci permetta di evidenziare i cambiamenti che avvengono nell’ecosistema, individuando possibili minacce e attuando così per tempo le contromisure necessarie”.
Al nord i batteri cambiano con le stagioni
Rotterdam e Copenhagen mostrano forti variazioni nel corso dell’anno nella composizione delle comunità batteriche, mentre altri centri urbani come quello di Bologna sono molto più stabili. Un elemento, questo, che suggerisce dinamiche di sviluppo ed evoluzione dei batteri legate a una molteplicità di elementi diversi.
Il team UniBo
Il gruppo interdisciplinare dell’Università di Bologna che ha partecipato allo studio, coordinato da Daniel Remondini del Dipartimento di Fisica e Astronomia "Augusto Righi", è legato al progetto europeo VEO - Versatile Emerging Infectious Disease Observatory e comprende Alessandro Fuschi (primo autore) e Alessandra Merlotti (Dipartimento di Fisica e Astronomia), Alessandra De Cesare e Fulvia Troja (Dipartimento di Scienze Mediche Veterinarie), Frederique Pasquali e Chiara Oliveri (Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-alimentari). L’analisi dell’area Metropolitana di Bologna è stata realizzata grazie alla collaborazione del Gruppo Hera, che ha fornito supporto ai campionamenti delle acque reflue.