
All’Archeologico la mostra su un politico iconico del Novecento. Opere immersive, ma anche preziosi diari, foto e poster
Non cercatela nel merchandising della mostra, tra le foto, i taccuini, i poster, le borse. Il Guerrillero Heroico, la celebre fotografia di Albert Korda che ha nutrito il mito di Che Guevara fino ad oggi, soprattutto attraverso t-shirt di cotone, è proprio l’iconografia che Che Guevara. Tu y todos, al via oggi al Museo Archeologico, vuole superare. Certo, non viene cancellata dalla memoria, ma viene trasfigurata in altro, in un’opera d’arte suggestiva di Michael Murphy, pioniere della Perceptual Art, come si vedrà alla fine del percorso espositivo, che è un vero viaggio nei 39 anni di vita di Ernesto Guevara de la Serna (nacque nel 1928 e morì nel 1967). Per tutti il Che, rivoluzionario, guerrigliero, scrittore, politico, medico, ma anche ministro dell’industria e dell’economia di Cuba e ancor prima presidente della Banca Centrale, due ruoli che, associati al suo nome, fanno pensare alla pura utopia. Potrebbe mai essere possibile, oggi, una figura come il Che con incarichi del genere?
La mostra curata da Daniele Zambelli di Simmetrico, due anni di lavoro, un team di dieci persone coinvolte, 60 metri quadrati di videoproiezione interattiva, 60 metri lineari di timeline biografica piena di schermi e tanti block notes, piccoli album ricchi di foto da sfogliare (la parte ‘analogica’ dell’interazione è elettrizzante), spera proprio di suscitarne tante di domande, soprattutto nel pubblico più giovane. Perché "entrare nella mostra – sottolinea il curatore – permetterà di far parte di un racconto più grande che spesso sfugge e di nutrire un pensiero critico". Non basta una maglietta per sentirsi "contro". Ma lo spiega anche Aleida Guevara March, 64 anni, pediatra, una delle figlie del Che, la coordinatrice dei progetti speciali del Centro de Estudes Che Guevara a L’Avana. Lei, come i fratelli, ha imparato a scoprirlo solo da grande, perché suo padre non l’ha praticamente conosciuto. Quando lui è morto lei doveva ancora compiere sette anni e non è che l’avesse frequentato tanto. Va ricordato infatti e questo nella mostra è reso in maniera affascinante con tavoli interattivi dove si clicca su vari cassetti che si aprono a tante storie da sfogliare che il comandante rivoluzionario sia nel 1965 sia nel 1967, cambiò le proprie sembianze con parrucche e protesi, tagliando barba e capelli, per raggiungere in incognito prima il Congo e poi la Bolivia, dove fu ucciso il 9 ottobre 1967. E dove scrisse la poesia dedicata alla moglie Tù y todos che titola la mostra.
Dice Aleida a questo proposito: "Ho pochi ricordi di mio padre perché avevo quattro anni e mezzo quando lui sparì fisicamente e andò in Congo, e ne avevo cinque quando mi vide di nuovo, ma non lo sapevo che fosse lui perché era già trasformato nel vecchio Ramòn". Nelle sale divise in tre livelli esperienziali e quantificate in circa due ore e mezza di visita, si scoprirà non un nuovo Che Guevara ma probabilmente proprio l’uomo che c’è sempre stato dietro al guerrigliero. Che scriveva tantissimo, appunti, poesie, lettere. I suoi diari boliviani ricreati coi fogli manoscritti sono intensi. Ma quel che è stato questo idealista si ritrova nei figli. E Aleida non perde l’occasione per mandare un messaggio di solidarietà alla Palestina, secondo gli insegnamenti di suo padre: "Porto un titolo, che mi è stato conferito, di ambasciatrice per il ritorno della Palestina e spero che un giorno questa mostra possa essere vista anche in una Palestina libera e sovrana".