FEDERICA ORLANDI
Cronaca

Battaglia per il ‘tesoro’ di Speranza. L’erede condannata in appello: "Fu circonvenzione d’incapace"

La cinquantatreenne, assolta in primo grado, ha avuto una pena di tre anni e mezzo in abbreviato. Parti civili la madre e la moglie del commercialista che morì nel 2020: "Finalmente giustizia vera"

Battaglia per il ’tesoro’ di Speranza. L’erede condannata in appello : "Fu circonvenzione d’incapace"

Battaglia per il ’tesoro’ di Speranza. L’erede condannata in appello : "Fu circonvenzione d’incapace"

Bologna, 3 luglio 2024 – La battaglia legale per le contendenti del ‘tesoro’ di Sante Speranza continua. Questa volta con un punto a favore dell’anziana madre e della moglie dell’uomo, poiché la Corte d’appello ieri ha ribaltato la sentenza di primo grado con cui l’anno scorso era stata assolta dall’accusa di circonvenzione d’incapace la cinquantunenne Carlotta D’Addato, risultata beneficiaria di gran parte del patrimonio del commercialista, scomparso il 5 luglio 2020 a 64 anni e con il quale la donna ebbe una relazione alcuni mesi prima del suo decesso. Il professionista, a ottobre 2019, la nominò erede universale, escludendo dal testamento la madre (oggi novantatreenne) e la moglie, e lasciando invece a D’Addato diverse centinaia di migliaia di euro tra beni immobili, conti correnti, crediti e titoli.

La cinquantatreenne è stata ora condannata a tre anni e mezzo: il massimo con il rito abbreviato (che prevede lo sconto di un terzo della pena). L’imputata, difesa dall’avvocato Gabriele Bordoni, è stata condannata anche a una provvisionale di 75.000 euro per ciascuna delle due parti civili. La moglie di Speranza è assistita dall’avvocato Milena Micele, l’anziana madre dall’avvocato Cesarina Mitaritonna. In primo grado, l’imputata era stata assolta "perché il fatto non sussiste", a fronte di una richiesta di condanna della Procura di un anno e otto mesi. Il gup aveva ritenuto – come ribadito pure dalla difesa in appello – che tra i due ci fosse una relazione amorosa, nell’ambito del quale Speranza diede del denaro alla donna per "manifestare la forza del sentimento" che li legava: in quel contesto sarebbe avvenuta la scrittura del testamento. I familiari dell’uomo, per contro, forti anche di una consulenza psichiatrica di parte, hanno sempre sostenuto come questi non fosse nel pieno delle proprie facoltà, in quel momento, perché fiaccato dalla grave malattia neurodegenerativa.

Il caso era esploso alla lettura del testamento, quando venne alla luce che, tra gli eredi designati dal commercialista, non vi fossero né la moglie, da cui si era separato ma da cui era tornato negli ultimi mesi di vita dopo la rottura con l’imputata, né la madre. Così, le due donne si erano rivolte a un legale per verificare la legittimità del documento, ritenendo vi fossero state forzature nella sua compilazione con "spinte" da parte di D’Addato a redigerlo a proprio favore. Nell’estate 2020 i beni oggetto del lascito furono congelati dal tribunale civile, che li affidò a un custode giudiziario. E lo sono tuttora: la causa civile è ancora in corso.

Ora in sede penale il punto va alle parti civili, che esultano: "Questa volta è stata fatta davvero giustizia – così l’avvocato Milena Micele, per la moglie di Speranza –, nell’ambito di una vicenda che gridava vendetta. È stato provato in modo inconfutabile come da parte dell’imputata ci sia stata una circonvenzione, non certo un gesto legato a una storia d’amore".