Bologna, 25 dicembre 2024 – Uno scenario apocalittico, dove un virus sconosciuto rischia di decimare la popolazione. Naturalmente, almeno al momento, si tratta solo di una simulazione che l’Ausl sta testando, prevista dalla normativa nazionale già dal 2022.
“Alla simulazione hanno preso parte circa un centinaio di operatori delle tre aziende sanitarie della città quindi Ausl, Sant’Orsola e Rizzoli e anche del 118: ci sono medici, ingegneri gestionali, infermieri, direttori, tutti insomma – spiega Davide Resi, epidemiologo del Dipartimento di Salute pubblica dell’Ausl –. Per quattro giorni abbiamo simulato uno scenario apocalittico, simulando di essere in presenza di un virus sconosciuto arrivato nel nostro territorio attraverso un archeologo che è stato a fare scavi in Giordania e inizia, senza saperlo, a contagiare le persone”.
A quel punto parte il piano di emergenza: “Potrebbe essere una sorta di virus influenzale perché sono quelli che mutano maggiormente, che fanno i salti di specie, dagli animali all’uomo e viceversa e possono creare più problemi – chiarisce Resi –. La trasmissione, sempre nella simulazione, è quella del Sars-Cov-2, quindi è un virus respiratorio e per questo occorre essere pronti con una scorta di dispositivi di salvaguardia, quali maschere, guanti, schermi, tute isolanti da indossare, strumenti per la ventilazione. Poi c’è tutta la parte degli accessi agli ospedali, quindi chi è colpito dal virus misterioso entra da una parte e non deve incontrare le altre persone, per non contagiarle. Nello stesso tempo vengono attivati tutti i medici che sono sul territorio, le Usca, le Unità di assistenza a domicilio, e allestite le zone dove fare le analisi per individuare il virus, tipo quello che succedeva con gli hub per i tamponi Covid”.
Anche negli ospedali avverrebbe quella rivoluzione già sperimentata con la pandemia, afferma l’epidemiologo: “I reparti si trasformano, aumentano o diminuiscono gli spazi a seconda del bisogno, mentre tutta l’attività chirurgica programmata viene dilazionata ed entra quella di emergenza. Tutte e tre i grandi ospedali sono in rete, in contatto continuo tra di loro per attivare, ad esempio, i posti di rianimazione in funzione dello scenario. Anche i laboratori possono essere rimodulati per test rapidi con una capacità di eseguirne fino a 10.000 al giorno – precisa –. Tutto questo, naturalmente, con l’ausilio indispensabile del 118”.
Trattasi di uno stress test, come afferma Resi: “Ha la doppia finalità di vedere la reazione del personale e trovare uno strumento che sia realizzabile perché le persone cambiano negli anni quindi ripetiamo queste esercitazioni ogni due anni. Ad esempio nel piano del 2022 i Cau non c’erano, ora entrerebbero come presidio sul territorio e organizzato di conseguenza. C’è anche tutto il coordinamento con gli albergatori, per chiedere l’immediata disponibilità di camere per gli ammalati, con la Prefettura, la Regione, l’Ufficio scolastico, la Conferenza dei sindaci: c’è una lista, per cui se succede l’apocalisse bisogna contattare tutte queste realtà”.
Tutta l’organizzazione è affidata a un nucleo di coordinamento presieduto dal direttore generale dell’Ausl, con i direttori sanitari degli altri ospedali, poi ci sono i direttori dei Dipartimenti. “Senza dimenticare – precisa Resi – la parte dei tecnici informatici, la logistica e quella comunicativa: gli uffici stampa hanno un tavolo comune con le informazioni fornite tutti i giorni alle 12 alla cittadinanza. La parola d’ordine è: tenere alta l’allerta”.