di Federica Orlandi
e Zoe Pederzini
Uccisa con un cocktail di farmaci perché il marito potesse vivere con l’amante e intascarsi l’eredità. Eredità rappresentata soprattutto dalla casa in cui vivevano, in via Bianconi, e da quella in campagna a Monte San Pietro, entrambe intestate alla donna. Sarebbe questo il movente dell’omicidio di Isabella Linsalata, ginecologa di 62 anni, da parte del marito Giampaolo Amato, oculista e medico dello sport di 64, ex medico della Virtus Pallacanestro, secondo gli inquirenti. Dopo un’indagine durata un anno e mezzo, i carabinieri del Nucleo investigativo, guidati dal comandante Giuseppe Nardò e coordinati dal pm Domenico Ambrosino, sabato scorso hanno eseguito la misura di custodia cautelare in carcere per l’indagato, il quale oltre che dell’omicidio aggravato della moglie deve rispondere pure di peculato e di detenzione illecita di farmaci psicotropi. Isabella infatti è morta a seguito di somministrazione massiccia di Midazolam, una benzodiazepina, e sevoflurano, un anestetico ospedaliero: farmaci che il marito avrebbe sottratto da uno degli ospedali dell’Ausl in cui lavorava (Maggiore, San Giovanni in Persiceto, Vergato, Bazzano). E che avrebbe utilizzato per uccidere la moglie. "Cerco la verità e ho fiducia nella giustizia", dice ora la sorella della vittima, Anna Maria Linsalata.
Tutto ciò accadeva il 31 ottobre 2021. Quando i carabinieri furono informati dai sanitari del 118 di un intervento in un appartamento in zona Murri. La chiamata all’ambulanza era arrivata dal marito, che aveva riferito di aver rinvenuto la moglie priva di sensi; ma al momento dell’intervento, la donna era già morta. Nulla lasciava sospettare una morte non naturale.
Se non che i successivi accertamenti medico-legali e le indagini coordinate dalla Procura hanno fatto emergere un quadro inquietante. Intanto per la causa della morte: la somministrazione dei due farmaci. Non è chiaro come questa sia avvenuta: l’ipotesi degli inquirenti è che Amato abbia preparato alla moglie una tisana, come era solito fare in passato, ma questa volta ’correggendola’ con i farmaci. Non solo. Dalle indagini è emerso come già nel maggio 2019 fosse accaduto qualcosa di simile. All’epoca era stata proprio Anna Maria a preoccuparsi delle condizioni della sorella, trovandola in uno stato di sonnolenza ingiustificata e con la bocca "impastata". I successivi esami all’ospedale avevano rivelato un esubero di benzodiazepine nel sangue della donna, che non sapeva spiegare come potessero esservi finite. E così le sorelle decisero di fare analizzare una bottiglia di vino che le aveva dato il marito. All’interno furono trovate dosi massicce, ancora una volta, di Midazolam. Altri episodi simili, più lievi, si sarebbero susseguiti in quell’anno; dopo cioè che la donna aveva scoperto la relazione del marito con una donna molto più giovane. Ieri mattina, all’interrogatorio di garanzia davanti al giudice per le indagini preliminari Claudio Paris, l’indagato si è avvalso della facoltà di non rispondere, affiancato dagli avvocati Gianluigi Lebro e Cesarina Mitaritonna. I quali hanno già fatto istanza di Riesame e, spiegano, attendono la fissazione dell’udienza "per la discussione della nostra impugnazione". I familiari della vittima, cioè i due figli della coppia e la sorella di Isabella, sono assistiti invece dai legali Francesca Stortoni e Maurizio Merlini.