CRISTINA DEGLIESPOSTI
Cronaca

Arpae: il rebus delle previsioni: "Usiamo modelli da ponderare"

Alberoni, responsabile della struttura: "C’erano due scenari con portate molto diverse". Il nodo tempi di ritorno e l’inganno delle serie storiche. "Le statistiche sono tutte da rifare".

Arpae: il rebus delle previsioni: "Usiamo modelli da ponderare"

Pier Paolo Alberoni, fisico, responsabile della Struttura IdroMeteoClima di Arpae

"È successo un evento che, per dimensione spaziale, è del tutto comparabile a quelli di maggio 2023". Oggi come ieri, né più né meno. Eppure fino a mercoledì mattina nessuno sembrava aspettarsi quanto è poi accaduto di lì a poco.

I fatti hanno detto altro.

"Sì – spiega Pier Paolo Alberoni, fisico, responsabile della Struttura IdroMeteoClima di Arpae Emilia-Romagna –. L’area interessata dalle precipitazioni è stata equivalente al 2023, ma in termini di quantità di pioggia caduta i livelli sono stati superiori. A maggio 2023 la cumulata nelle 48 ore fu di 200 mm, qualcosa di più; stavolta, invece, abbiamo avuto punte di oltre 300 mm. Per intenderci, sul medio Appennino ogni anno cadono in media 1200-1500 mm d’acqua, qui siamo a un quarto-un quinto del totale annuo in sole 48 ore".

Cosa non ha funzionato nei modelli previsionali usati?

"Il sistema di previsione in Emilia-Romagna, ma è simile nel resto d’Italia, si basa su due modelli che simulano l’andamento dell’atmosfera. Il primo (Ecmwf) fa i conti su tutto il mondo, con una proiezione a una-due settimane; il secondo (Icon) ad area limitata ’gira’ su una porzione di mondo molto più piccola, è sviluppato dal servizio meteo tedesco e da una serie di soggetti dove è presente anche l’Italia. Entrambi i modelli davano lo stesso scenario, con la stessa evoluzione, ma diverso per i valori delle precipitazioni".

Qual è stato quello più predittivo?

"Il secondo, che fa previsioni con un passo di griglia di 2 chilometri, contro i 15 dell’altro. Ogni giorno il nostro lavoro è valutare e ponderare ciò che i modelli indicano: ritenevamo più in linea l’esito di quello ad area limitata, ma non così estremo nella portata".

Cosa avete fatto quindi?

"Fin da domenica sono state messe in campo tutte le attività per il 18 c’era allerta arancione, che implica precise attività, tra le quali con Coc aperti nei comuni e sorveglianza degli argini. I modelli previsionali si aggiornano ogni tre ore, sulla base del registrato e, in condizioni fuori dall’ordinario come nel caso delle allerte, c’è sempre personale che interpreta i risultati 24 ore al giorno".

Quando ci siamo accorti che il primo modello sbagliava?

"Il 17 sono iniziate le precipitazioni, il 18 mattina abbiamo alzato il livello d’allerta da arancione a rosso. Fino all’ora di pranzo era ragionevole supporre che i valori cumulati fossero nell’ordine dei tre quarti di quelli della modellistica Icon. Se avessimo creduto al Centro europeo, tra l’altro, l’allerta sarebbe stata gialla. I fiumi però sono cresciuti nella notte 18-19".

Cosa ci lascia in eredità quest’anno e mezzo?

"Tre eventi alluvionali che avrebbero dovuto avere tempi di ritorno di almeno 100 anni l’uno secondo statistiche storiche che, è evidente, sono da rifare. A distanza di un anno gli eventi sono paragonabili, quest’ultimo con quantitativi superiori d’acqua ma con effetti al suolo inferiori perché nel frattempo lavori ne sono stati fatti e i fiumi coinvolti sono stati meno".

Viviamo in una pianura alluvionale: il nome dice tutto, dobbiamo abbandonarla?

"Intanto ricordiamoci cosa eravamo 200-300 anni fa: una palude. Che abbiamo poi bonificato ma un territorio così fatto va regimentato in continuazione".