La sala del MAMbo che espone una sessantina di opere acquisite da Francesco Arcangeli per l’allora Galleria d’arte Moderna (’Tramando – Le acquisizioni di F. Arcangeli per la Galleria d’Arte Moderna di Bologna’, a cura di Uliana Zanetti e Lorenza Selleri, fino al 6 gennaio nel museo di via Don Minzoni) si pone, sì, come una raccolta quadreria all’antica, ma, soprattutto, si rivela un’altra biografia del critico bolognese. Come le lettere appena pubblicate, come la mostra sulla sua collezione privata, come tutte le iniziative che si concludono con questa esposizione, termina infatti il progetto intitolato proprio ’Tramando’, organizzato da Lorenzo Balbi e Maria Luisa Pacelli per il cinquantesimo anniversario della morte di Arcangeli. Ad essere presentate sono una sessantina di opere selezionate tra quelle proposte o approvate da Arcangeli per l’acquisto da parte del Comune di Bologna.
La vicenda del critico, geniale interprete dell’arte antica quanto di quella moderna, si rispecchia in tutte le scelte condotte tra il 1949 e il 1968. Stupisce la presenza di un tenue ma raffinatissimo disegno di Gustav Klimt (Donna sdraiata), quanto del disegno di Jean-François Millet. Da buon direttore, proteso a trasformare, come scrivono le curatrici, una ristretta collezione in "un museo di dignità almeno nazionale", Arcangeli accoglie in galleria uno sfavillante notturno di Athos Casarini, futurista ante litteram, e un gruppo di opere su carta di Giorgio Morandi, il pittore a cui Arcangeli sacrifica anni di scrittura e di tormento fino alla rottura finale, lasciando tuttavia il nucleo originario del futuro museo a lui dedicato. Curioso il primo acquisto, ancora da consulente (1949), con il ’Ritratto di Carlo Leoni’, opera di un acerbo Quinto Ghermandi ancora legato agli insegnamenti del suo maestro Cleto Tomba, poi seguito da un fantastico bronzo dello stesso autore, acquistato alla Biennale di Venezia nel 1966.
Sembrano quasi illustrazioni del saggio uscito nel 1954 su ’Paragone’, la schiera completa degli ’Ultimi naturalisti’ compare con opere di ottima qualità, dal luminoso Bendini all’imponente Mattia Moreni, dal delicato Mandelli, ancora davvero ‘naturalista’, al Morlotti, al Paesaggio di Ilario Rossi, alla Figura di Mario Nanni, al Romiti. Infine, una piccola sorpresa, non bolognese, né spiegabile con scritti coevi, mostre o recensioni: la sanguigna con Le campane di René Magritte, una superba operina acquistata alla romana galleria “La Medusa” nel 1965, senza precedenti, senza seguaci nè ragioni.