Appennino, 12 milioni per l’agricoltura

Sono le risorse messe in campo dal Gal per contrastare l’abbandono della montagna e rilanciare la coltivazione di frutti e cereali antichi

Appennino, 12 milioni per l’agricoltura

In primo piano Tiberio Rabboni, presidente del Gal,. al convegno

Dodici milioni di euro in tre anni per contrastare l’abbandono della montagna e il calo della superficie coltivata che in dieci anni ha visto il calo del 42 per cento delle aziende agricole e la diminuzione del 22 per cento del coltivo. Sono questi i numeri dell’agricoltura in Appennino e le risorse messe in campo dal Gal (il gruppo di azione locale dell’Appennino bolognese) secondo quanto anticipato dal suo presidente, Tiberio Rabboni, nel corso del convegno promosso dal Comune di Grizzana all’interno della sagra della mela Rosa Romana, dei frutti e cereali antichi.

L’argomento introdotto da Cesare Calisti e Francesco Marucci era focalizzato sulla riscoperta dell’arte bianca e sulla coltivazione e trasformazione di cereali e frutti antichi. Così, dopo le relazioni di Alberto Cucchi, Luigi Ritacco, Medardo Montaguti, e Federico Giovannetti, tutti centrati sulla qualità e le buone prospettive di mercato delle farine ricavate dai cereali antichi e dei frutti di qualità superiore cresciute in quota e in territori incontaminati, si sono toccati gli aspetti importanti della distribuzione e della trasformazione di eccellenze come la mela Rosa Romana, le castagne i formaggi, le farine, le carni, il vino e i prodotti da forno. Una filiera ben presente al Gal, ha esordito Rabboni che ha descritto la tendenza di declino continuo che richiederebbe ben più risorse di quelle che il Gal e le amministrazioni locali possono mettere in campo. Con la consapevolezza che "i terreni incolti (non il bosco che è altra cosa) in dieci anni sono cresciuti di oltre il 20% e questo è un grosso problema per tutti perché viene meno la cura del territorio, dei fossi, delle strade, di interi versanti. Per questo dall’inizio del 2025 faremo bandi per contributi a fondo perduto per le produzioni tipiche (ci sono 718 aziende certificate bio), ma anche per mantenere la viabilità aziendale e per proteggersi dalla fauna selvatica".

Non sono mancate neppure, da parte di agricoltori e titolari di aziende agrituristiche, critiche per un eccesso di burocrazia in questi bandi e la richiesta di aprire l’accesso anche a chi non è imprenditore agricolo a titolo principale, ma che comunque vuole curare e mantenere il suo terreno. "Terremo conto delle osservazioni fatte, e posso già dire che potrà partecipare anche chi lavora part time e chi fa trasformazione del prodotto: pane, birra, biscotti, vino, succhi, formaggi che possono fregiarsi gratuitamente del marchio ‘Prodotto di montagna’".

Gabriele Mignardi