ZOE PEDERZINI
Cronaca

Alluvione Bologna, viaggio nella Bassa devastata: "Dovevano avvisarci prima"

I campi tra Medicina, Selva Malvezzi e Sant’Antonio sono completamente sommersi dall’acqua. C’è chi non sa quando tornerà a casa e chi è già al lavoro per provare a liberare case e coltivazioni

Bologna, 5 maggio 2023 – Un’unica grande palude, fatta di enormi distese d’acqua che coprono tutto l’orizzonte per chilometri. A perdita d’occhio. Dimenticate i campi verdeggianti, i trattori che lavorano incessantemente la terra, i tramonti su ettari di campi lavorati e curati con religiosa pazienza. Nel triangolo tra Selva Malvezzi, Sant’Antonio e Medicina, dopo le inondazioni dei giorni scorsi, tutto ha un colore diverso, tra il marrone dell’acqua tracimata dai torrenti Quaderna e Gaiana e il (poco) verde degli alberi che ancora svettano sopra il disastro. A galleggiare, più in basso, sono i ricordi di tutti gli abitanti di questo angolo di Bassa, ricordi e oggetti che sono stati spazzati via, in una manciata di ore, dalle esondazioni. Con i primi caldi raggi del sole, dopo tre giornate di pioggia, affiora la rabbia e la delusione di tutti coloro che hanno perso, per ora, la propria casa a seguito delle evacuazioni necessarie. Ma anche il coraggio e l’orgoglio di chi è già pronto a ripartire. Già ieri mattina, infatti, ruspe e camion erano in azione per sistemare gli argini travolti dall’acqua, mentre molti agricoltori cercavano di salvare il salvabile nei loro campi.

Da sinistra, Alberto Pederzoli, Manuel Donati e Fabio Marini: si sono messi subito al lavoro per salvare la loro azienda agricola di Sant’Antonio, a Medicina
Da sinistra, Alberto Pederzoli, Manuel Donati e Fabio Marini: si sono messi subito al lavoro per salvare la loro azienda agricola di Sant’Antonio, a Medicina

Medicina

La situazione peggiore, stando anche al numero di cittadini che hanno dovuto lasciare le proprie case, 25, si è verificata nel medicinese. In una stretta vallata tra gli argini del Gaiana, nella frazione di Villa Fontana, ieri c’erano solo immensi laghi di acqua putrida e fangosa da cui emergevano timidamente tettucci di auto sommerse, cassette di legno per i raccolti, ormai vanificati, e i piani più alti delle case. I residenti sfollati, e fatti alloggiare all’Hotel Parigi di Castel San Pietro Terme, arrivano timidamente per vedere quando mai potranno tornare a casa: ma la melma, in certi punti, arriva ancora quasi a due metri di altezza. Tra chi ha fatto ritorno nella casa allagata ci sono Tiziana D’Elia e Mario Pastorelli, vicini di casa, accompagnati dai rispettivi compagni. Il sole non li spezza, il caldo neppure perché nella casa che hanno dovuto lasciare in fretta e furia nel pomeriggio di mercoledì, al momento dell’evacuazione, ci sono i loro tre cani che, insieme a una cucciolata di gattini, sono stati tratti in salvo, dopo ore di attesa e fatica, da un mezzo anfibio dei vigili del fuoco. "Viviamo qui da parecchio tempo – raccontano –. Di piene e di piogge ne abbiamo viste, ma una cosa del genere mai. Avremmo preferito che ci avessero avvisato prima del pericolo imminente e chissà quando potremo rientrare nelle nostre case, anche solo per vedere la situazione". Stesse parole speranzose, ma tristi, quelle dei coniugi Tedeschi, che parlano dal patio dell’albergo di Castel San Pietro: "Ci manca casa nostra. Vogliamo tornarci, ma dovevano capire come andava la situazione. Avevamo già l’acqua alle caviglie mercoledì, ma ci dicevano che sarebbe andato tutto bene e che la situazione sarebbe rientrata. Dire che è peggiorata è superfluo ormai...".

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Sant’Antonio

A pochi chilometri di distanza, fra i canali di bonifica (i sesti), c’è la frazione medicinese di sant’Antonio. Un piccolo agglomerato di case e terreni agricoli che sembrava aver superato l’alluvione fino a che, nella notte tra mercoledì e ieri, quando ormai le piogge erano finite da ore, è stato invaso dalla rottura di un piccolo argine dell’Idice, che ha fatto tracimare l’acqua nei canali di bonifica e, poi, nei terreni. Alle 12 di ieri i raccolti erano un unico specchio di acqua. Ma questa è la frazione che si è arrangiata, anzi che si è salvata da sola. A raccontarlo sono Fabio Marini (della vicina Molinella), Alberto Pederzoli e Manuel Donati (di sant’Antonio): "Questa è la nostra terra, il nostro lavoro. Abbiamo aspettato ora che arrivasse qualcuno ad aiutarci a liberare i campi dall’acqua, ma non si è visto nessuno. Così abbiamo quindi deciso, per quel che possiamo, di fare forza comune e di arrangiarci, dragnado l’acqua delle esondazioni con le nostre pompe nella speranza che, prima o poi, qualcuno venga ad aiutarci. I danni sono incalcolabili, ma aiutarsi a vicenda ad ora è la nostra unica salvezza". Intanto, sempre nella stessa frazione che non è stata evacuata, in mattinata alcuni volontari della Protezione Civile hanno iniziato a posizionare i sacchi di sabbia per proteggere le abitazioni del posto.

Selva Malvezzi

Sono 600 gli ettari di Selva Malvezzi, frazione di Molinella dove ha esondato il torrente Quaderna, andati persi, spariti sotto un lago d’acqua ampio quasi come le saline di Cervia. A dirlo è il sindaco Dario Mantovani, che ieri, cannocchiale alla mano, ha eseguito un sopralluogo per verificare le condizioni del punto di rottura dell’argine: "Le case si sono salvate, per ora, perché sono sopraelevate. Ad avere la peggio le aziende agricole che erano poco sotto il livello della strada. Monitorerò l’area ora dopo ora, per giorni. E ce ne vorranno prima che la situazione torni alla normalità anche perchè l’acqua può mutare corso e la situazione è in continua evoluzione. Sarà da vedere poi se arriveranno i fondi per i danni subiti da chi con questa terra ci lavora e ci vive".

Il resto della provincia

Non si sono verificate altre situazioni emergenziali nella zona dell’Appennino nella giornata di ieri. Il problema, in questa zona, è che le strade, sia provinciali che interne, in molti comuni (Pianoro, Loiano, Monghidoro, Monterenzio e Monzuno) si sono spaccate sotto il peso dell’acqua o sono state interrotte dalla tante piccole frane che si sono susseguite nei giorni scorsi. Il percorso per raggiungere questi territori è sempre più tortuoso, dunque. Questa la situazione della viabilità fino a ieri: le strade chiuse al transito (lo saranno per giorni) sono la strada provinciale 7 Valle dell’Idice, la sp 33 Casolana, la sp 59 Monzuno, la sp 75 Montemaggiore, la sp 50 San Antonio, sp 80 Cardinala. Le strade totalmente chiuse ma transitabili (solo in emergenza, da veicoli di soccorso e forze dell’ordine) sono: la sp 34 Gesso e la sp 36 Val di Zena. Le strade aperte (con danni e limitazioni, sensi unici alternati con semafori): sp 27 Valsamoggia, sp 37 Ganzole, sp 26 Valle del Lavino, sp 74 Mongardino.