Bologna, 28 dicembre 2024 – “Quel giorno, il torrente ha rotto l’argine, è esploso. In un attimo ha spazzato via mobili, infissi, pavimenti, pareti. Ha distrutto tutto. Poi il Ravone è rimasto scoperto, proprio nel nostro cortile, è così da tre mesi. E adesso, a ogni pioggia, tutto il quartiere trema. Non abbiamo paura solo noi, c’è un grave pericolo e riguarda tutti. Il timore è dei residenti, ma anche dei negozianti. Di tutti. Gli amministratori vengano qui, a parlare con noi residenti. Ci avete lasciati a noi stessi, abbandonati, da parte delle istituzioni c’è un silenzio assurdo. Bisogna intervenire subito, è già tardi". Cecilia Geraci, medico pediatra, lancia una petizione per chiedere aiuto all’amministrazione. Lei abitava in via Andrea Costa 81. Fino a quando l’alluvione tra il 19 e il 20 ottobre non l’ha privata di casa sua.
“Molti di noi sono andati a stare da amici o parenti, altri, come me, vivono in affitto altrove. È una spesa, ma non c’è alternativa, ho un bimbo e non può certo abitare in una casa invasa dal fango con un cantiere aperto di fronte». Quella sera di due mesi fa, «tutti i piani terra si sono allagati, un metro e 20 di acqua. C’erano bimbi e anziani, è stato terribile. Una donna di 96 anni è stata presa in braccio e portata ai piani alti. L’acqua ha invaso tutto con una violenza incredibile. E questo può ricapitare, se non si mette subito in sicurezza il torrente”.
La petizione su Change.org ieri sera aveva raggiunto l’obiettivo: 500 firme. In tanti hanno voluto rispondere all’appello: "Sono vittima di tre alluvioni in 18 mesi – scrive un utente – e vorrei che i residenti di Andrea Costa non venissero lasciati abbandonati al loro destino come i residenti della Val di Zena”. “Dopo 3 mesi – la spiegazione sulla pagina web–, il torrente rimane scoperto nella nostra area cortiliva, totalmente privo di protezione adeguata. Il torrente Ravone è esondato già due volte in città, creando situazioni di rischio e disagio per i residenti”.
Qui, "in via Andrea Costa, la tombatura originale è stata rimossa, lasciando il torrente scoperto e aumentando il rischio per noi residenti, che siamo ora maggiormente esposti al pericolo di un nuovo allagamento”. Con l’ultima pioggia di dicembre, si è visto il torrente gonfiarsi di nuovo. Il grido del quartiere: “Chiediamo alla pubblica amministrazione di occuparsi immediatamente della condizione del Ravone per prevenire ulteriori danni e rischi potenziali. È nostro diritto vivere in un ambiente sicuro, protetto il più possibile da pericoli naturali come questo”.
Adesso, spiega Geraci, "il torrente può esondare con una facilità ancora maggiore. Dopo la demolizione del parcheggio, se ne sono andati a non ci hanno fatto sapere più nulla. I curiosi, però, entravano a vedere, ma era troppo pericoloso così abbiamo dovuto mettere, noi cittadini, delle transenne a protezione”. Se dovesse ricapitare, se dovesse esondare ancora, “ci andranno di mezzo anche i nostri figli. Oltre che le nostre case diventeranno invendibili. Ci sentiamo in trappola”.
Geraci confessa di sentirsi "stanca, e allibita perché ancora oggi nessuno ci dice cosa dobbiamo fare. Sollecito che qualcuno si occupi della situazione, che se ne prenda cura. Si pensi a un progetto globale, serio, strutturato, perché qui non si tratta più di un evento eccezionale, più volte è esondato lo stesso torrente”. Quello di Andrea Costa è “un quartiere vivo e solidale, per fortuna, i volontari sono stati fondamentali, ci hanno aiutato tantissimo con il fango. Unica nota positiva in questa storia”.