Bologna, 28 luglio 2022 - "Un’estate con temperature così estreme e una siccità grave come come questa non l’avevo mai vista in più di trent’anni da agricoltore". Marco Camanzi (video) è stremato. È l’emblema perfetto dell’uomo che resiste alle sfide della natura. Dall’alto dei suoi 69 anni, ora, si ritrova davanti a una delle sfide più ardue della sua vita: domare 92 ettari di terreno con sempre meno acqua, con sempre più caldo. Dalle campagne che circondano Bologna, tra Medicina, Buda e via Nuova si estendono chilometri di campi: la maggior parte delle piante di mais sono gialle e secche, i girasoli sono appassiti e in molti terreni non restano che zolle di terre per via del raccolto anticipato.
Camanzi, qui a Buda, coltiva grano, segale, barbabietole da seme e mais. È proprio quest’ultimo, ora, è tra le coltivazioni più a rischio. "Le piantagioni stanno accusando il peso del caldo e della mancanza di acqua – spiega Camanzi –. La cipolla è tutta cotta, perché nonostante uno irrighi se la temperatura è così alta, purtroppo, c’è poco da fare. Ma chi rischia di più con questo caldo – precisa – è soprattutto il mais". Quando gli chiediamo il perché Camanzi ci fa cenno di seguirlo e si incammina verso un’enorme piantagione di granturco alle sue spalle. Afferra lo stelo e comincia rompere l’involucro che avvolge la pannocchia: "Ecco, questa è perfetta per farvi capire costa sta succedendo.
Il mais a determinate temperature non riesce ad avviare il processo di impollinazione, dunque la spiga femmina non si feconda e rimane vuota e piena di buchi proprio come questa". Camanzi ruota nelle una pannocchia bianca senza quei chicchi gialli di mais che siamo abituati a vedere. "Questo – aggiunge – è un danno per la produzione molto grande che può essere del 10 o, addirittura, del cento per cento. E nel mio caso, ahimé, penso di essere a un danno del 70 o dell’80 per cento".
Tuttavia questo problema non è causato dalla mancanza d’acqua ma dall’eccessivo calore. "Per ora – Cumanzi getta la pannocchia acerba tra le spighe – con l’irrigazione non ho avuto eccessivi problemi in termini di rifornimento. Ma stiamo arrivando a un punto critico". Dal taschino sul petto della camicia estrae lo smartphone e scorre tra gli sms. Lunedì pomeriggio ha ricevuto un messaggio direttamente dal Consorzio di Bonifica Renana e il contenuto è allarmante: "A causa della limitazione della portata – si legge –, da domani (lo scorso martedì) sospesa irrigazione sorgo, medica, mais ceroso ed eventuali raccolti secondari".
Camanzi fa un sorriso malinconico e rimette il telefono in tasca. Sbuffa e comincia a parlare della situazione del Po: "Domenica scorso sono andato a dare un’occhiata alla foce verso Rovigo, è pieno di acqua salata per più di 40 chilometri. Tutto questa salinità rende l’acqua inutilizzabile perché le piante". Poi sposta lo sguardo verso le sue piantagioni, verso l’orizzonte dove non si riesce a intravedere la fine del campo granturco: "È questione di tempo e in assenza di precipitazioni così prolungate e ci ritroveremo uno scenario simile anche in questa zona". Poi azzarda una previsione: "Se non piove secondo me tra otto o massimo dieci giorni e qui finisce l’acqua".
Ma a quanto pare qualche giorno di pioggia non risolverebbe nulla. "Abbiamo bisogno di precipitazioni abbondanti – ragiona – e che, soprattutto, comportino un abbassamento della temperatura. Ma affinché questo avvenga sono necessari rovesci susseguiti in più giorni di fila". Quanti giorni? Almeno una settimana secondo l’agricoltore di Buda che un periodo di siccità così lungo conferma di non averlo visto nemmeno durante l’estate del 2003, "quella che pensavamo sarebbe stata la peggiore di sempre".