Addio a Luca Goldoni, il figlio Alessandro: "Amico e collega: è stato più di un padre. Mi ha trasmesso tutto"

Il grande giornalista e scrittore è scomparso a 95 anni: “Tanti lettori mandano ancora lunghissime lettere per lui. Fino all’ultimo non ha mai abbandonato ironia e ottimismo”

Luca Goldoni, il grande giornalista e scrittore è morto a 95 anni

Luca Goldoni, il grande giornalista e scrittore è morto a 95 anni

E’ morto a 95 anni, dopo una malattia che, seppure complicata da gestire, non gli aveva tolto l’umorismo e lo sguardo ironico sul mondo. Luca Goldoni ha vissuto molte vite: cronista di nera, inviato di guerra, osservatore di costume. Un giornalista vero, insomma. Di quelli forgiati da un mestiere che, per forza di cose, non esiste più.

Nato a il Resto del Carlino, la sua firma si allarga nel tempo anche agli altri giornali del Gruppo, a periodici e testate nazionali. Ma è con i libri che la sua penna, mai scontata, trova il migliore respiro: celeberrimo il suo ’Sempre meglio che lavorare’, ma anche ’Dì che ti mando io’, ’Lei m’insegna’, ’Maria Luigia donna in carriera’ e molti, moltissimi altri.

Dalla storia agli animali, dalla politica al (mal)costume italiano. Ironico e corrosivo, mai inutilmente aggressivo e con un occhio particolarmente attento al territorio, agli avvenimenti appena passati come in ’Viaggio in provincia’, ’Bologna Kaputt’ (con Aldo Ferrari e Gianni Leoni) o ’Mettevamo il prete a letto’ (con Enzo Sermasi). La curiosità è stata la sua chiave, che gli ha permesso di scrivere di tutto, dallo sport ai jeans, con vera partecipazione

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"Fino all’ultimo non ha perso il proprio umorismo. Quella serenità, unita a grande dignità, che lo contraddistingueva. Da un paio d’anni era sottoposto, non senza fatica, al trattamento di dialisi che riceveva a casa, mentre gli ultimi giorni li ha passati in hospice. Faceva fatica a parlare, chiaramente, eppure continuava ad arrabbiarsi con il suo solito piglio quando non trovava un termine o faceva fatica a pronunciarlo... E io rispondevo: ’Non preoccuparti papà. Le tue parole sono tutte qui, nei libri".

È un ricordo emozionato, sentito, commosso quello di Alessandro. Luca Goldoni per lui non era soltanto "un padre", ma "un amico, un collega". La persona che gli ha trasmesso ogni passione: la scrittura, in primis. Insieme hanno lavorato a più di un libro. Ma anche la lettura. E poi il mare, ovviamente. Il dolore della perdita è ancora permeante, ma Alessandro Goldoni si fa forza, raccoglie i pensieri e li mette in fila per ricordare il papà, morto ieri a 95 anni, con l’amore e l’ammirazione di un figlio, l’affetto di un amico e il rispetto di un collega. Perché, sottolinea, crede se ne sia andato davvero "uno degli ultimi tra i grandi del giornalismo".

Luca Goldoni e Alessandro, otto anni fa, alla presentazione del libro su Baracca
Luca Goldoni e Alessandro, otto anni fa, alla presentazione del libro su Baracca

Come sono stati questi ultimi, sofferti giorni?

"Lui ha sempre accettato tutte le cure con grande dignità. Siamo rimasti uno accanto all’altro praticamente fino all’ultimo, perché mia madre se n’è andata qualche anno fa ed eravamo io e lui. Ha continuato a prendere tutti i farmaci utili per alleviare le proprie sofferenze: era molto debilitato. Ma c’è una cosa che ha colpito tutti...".

Quale?

"Non ha abbandonato mai la sua ironia. Scherzava, faceva battute. Abbiamo passato un periodo a guardare tutti gli avvenimenti sportivi possibili, dal tennis fino alle partite di calcio. Lui ripeteva come gli avessero stufato tutti questi talk show televisivi... Diceva: ‘Sono sempre le stesse menate’ (ride, ndr)".

Lo ha definito "padre, amico e collega".

"Ho imparato molto da lui. Ho imparato tutto. E, anche adesso, avevamo scambi continui. Era un rapporto bilaterale. Mi diceva: ‘Devi trovare una battuta calzante, puoi scrivere meglio di così’. E io ammiravo questo suo essere pignolo, questa sua ricerca ossessiva della parola giusta al posto giusto".

Quando si è avvicinato alla professione di suo padre?

"Ho sempre seguito i suoi consigli, fin da giovane, e ovviamente sono rimasto affascinato dal suo modo di scrivere. Poi è stato lui, con il tempo, che ha cominciato a chiedere consiglio a me. Ci scambiavamo idee, parole, impressioni. Sono contento di essere rimasto sempre accanto a lui, che rispondeva: ‘Sono felice che sei qui con me’...".

"Uno degli ultimi grandi giornalisti", diceva...

"Ma non lo dico perché parliamo di mio padre. Credo sia riuscito a inventare uno stile che, prima di lui, non esisteva: un modo di raccontare l’Italia, e di calarsi nei panni dell’italiano medio, unico e irripetibile. Con le sue parole riusciva a coinvolgere completamente il lettore, a fargli provare le stesse cose".

Grande empatia?

"Sì, sicuramente. Sono proprio i suoi lettori che continuano a ricordare a tutti cosa fosse la penna di Luca Goldoni...".

L’affetto verso chi ha raccontato la storia intera di un Paese non se n’è mai andato?

"Esattamente. Il suo pubblico ha sempre trasmesso grande affetto e devozione. Molti lettori hanno continuato a scrivere lunghissime lettere: volevano sapere cosa pensasse lui di certi avvenimenti, volevano continuare a leggere le sue parole. Poi c’è anche una pagina Facebook che, da tempo, complice la malattia, non riusciva più a seguire: penso di poter trovare qualcosa come migliaia e migliaia di commenti di seguaci e appassionati che, anche solo per uno scambio veloce, ci tenevano a fargli sapere il proprio pensiero. A scrivergli".

Una vita piena.

"Una persona che non ha mai smesso di viaggiare, che aveva visto il mondo intero, eppure non si è mai montata la testa. Era molto curioso".

Di quella curiosità innata tipica dei giornalisti?

"Di più. Era davvero curioso! Mi ricordo quando una volta, in Sardegna, si fermò a parlare con un uomo incontrato per strada...".

Cosa successe?

"Aveva notato questo signore impegnato a tagliare il sughero. Si presentarono, si fermarono a parlare per parecchio tempo. Fu in quell’occasione che creò una definizione divertentissima, sottolineando come gli alberi sembravano indossare dei ‘calzoni corti’. Beh, mio padre e questa persona sono rimasti in contatto per tutta la vita e sono diventati grandi amici. Perché lui era così... Era dotato di un’umanità fuori dal comune".