Via Marco Polo, ore 3 del mattino. Arriva una chiamata al 118: "Venite, hanno sparato a un uomo". Quando i sanitari del 118 arrivano, nella strada c’è soltanto un quarantaquattrenne marocchino, che urla e perde sangue da una gamba. La ferita è brutta. Il proiettile non l’ha colpito di striscio. È rimasto conficcato nella carne.
Siamo all’altezza del distributore Ip, di fronte allo scheletro di un enorme palazzo incompiuto, da anni rifugio di sbandati e sede operativa di spacciatori. Nella strada arrivano subito i carabinieri del Nucleo operativo della compagnia Bologna Centro, per avviare le indagini, mentre il nordafricano viene trasportato in ambulanza all’ospedale Maggiore. Qui viene estratto il proiettile, la ferita pulita e ricucita. Il suo, fortuna sua, resta un codice di media gravità. I militari dell’Arma provano a parlare con la vittima, che si chiude in un silenzio per niente collaborativo.
Viene informato il magistrato di turno, aperto un fascicolo per lesioni aggravate. E le indagini, adesso, vanno avanti spedite. I carabinieri ieri mattina sono stati impegnati in un sopralluogo nei pressi del luogo da cui, l’altra notte, è partita la telefonata con la richiesta di aiuto. Hanno parlato con il personale dell’hotel che si trova lì nei pressi, acquisito le immagini riprese dagli impianti di videosorveglianza dello stesso albergo e anche del vicino distributore di benzina, che verranno analizzati per vedere se hanno ripreso qualche dettaglio d’interesse. Per capire se l’uomo è stato ferito lì o ci è stato portato dopo essere stato aggredito in un altro luogo.
Anche il proiettile estratto potrebbe ‘parlare’: dovrà essere analizzato dalla Sezione investigazioni scientifiche dell’Arma per capire che tipo di pistola abbia esploso il colpo. E poi dovrà essere scandagliata la storia personale della vittima, per individuare chi avrebbe potuto avere interesse a dargli una lezione. Intanto, dai primi accertamenti è emerso che il quarantaquattrenne marocchino ha già dei precedenti, anche per reati di spaccio. E questa potrebbe essere una delle piste al vaglio dei carabinieri, che comunque non escludono alcuna eventualità. L’ipotesi di una vendetta per uno sgarbo nell’ambito della droga resta una pista privilegiata, in attesa che le indagini restituiscano i primi riscontri.
Questo mentre la vicenda riporta l’attenzione sulle presenze all’interno del palazzone realizzato, per metà, dal fallito consorzio Copalc. Uno scheletro sul cui destino si discute da anni, tra ipotesi di bonifica e aste andate a vuoto. Intanto, lì dentro la gente dorme, si droga e spaccia. E, perché no, c’è il caso che si spari anche.