MONICA RASCHI
Cronaca

Adolescenti e stranieri: "Rabbiosi perché esclusi"

Le riflessioni di Cinzia Albanesi, docente di Psicologia sociale di comunità all’Alma Mater "La società li colloca ai margini. Fondamentale la scuola, ma non è la panacea di tutti i mali" .

Esclusione sociale, origine straniera, svantaggio economico: cause di una rabbia che può diventare distruttiva.

"All’interno del nostro lavoro di ricerca, adesso stiamo coordinando un progetto europeo che riguarda l’inclusione dei giovani, abbiamo creato focus-group con adolescenti e ci dicono che essere giovani oggi significa non avere voce in capitolo, non essere ascoltati su leggi e politiche che li riguardano, sia a scuola che nei contesti cittadini – spiega Cinzia Albanesi, docente di Psicologia sociale della comunità di Unibo –. Questa condizione di esclusione è ancora più forte se, oltre a essere giovane, sei anche di origine straniera e in una condizione socio-economica svantaggiata. E i gruppi che sono più ai margini sono anche quelli più attenti alle discriminazioni e alla violazione dei diritti umani". Albanesi pensa "ci sia un problema di spazi di riconoscimento, di parola. È importante costruire spazi che siano di confronto, di ascolto ma che diano alle giovani generazioni la possibilità di avere una voce in capitolo, dove il potere venga esercitato in modo costruttivo".

Adolescenti e stranieri: "Rabbiosi perché esclusi"
Dai gruppi di ragazzi sono state lanciate contro le forze dell’ordine anche le sedie

La studiosa riflette sul fatto che "certi fenomeni hanno a che fare con l’espressione di una rabbia che può avere origine in questa esclusione sociale ed economica. Il futuro è molto difficile per i giovani, la complessità è diversa da quella affrontata dai genitori di questi ragazzi, compresi quelli stranieri che, a differenza dei figli, sono perfettamente integrati".

Albanesi ammette che creare questi spazi non è semplice: "La scuola è ancora un luogo fondamentale, anche se non può essere la panacea di tutti i mali, ma qui si possono costruire spazi di partecipazione attiva come anche sul territorio. Molte amministrazioni locali, non ultima quella di Bologna, propongono spazi dove e i giovani possono essere di protagonisti, ad esempio, per le politiche che li riguardano o per la qualificazione di luoghi – fa notare –. Abbiamo visto, però, che un’apertura generalizzata non è però in grado di coinvolgere i ragazzi che stanno più ai margini. Non è facile, è una sfida importante. Chi è in queste condizioni di svantaggio può maturare una rabbia che, a volte può essere il motore in contesti positivi e produttivi, altre volte può esprimersi come abbiamo visto, in modo più distruttivo. Naturalmente non voglio legittimare quanto accaduto".