
L’uomo, 42 anni, lavorava nel reparto di Medicina d’urgenza del Maggiore
Un infermiere di 42 anni, che lavorava nel reparto di Medicina d’urgenza dell’ospedale Maggiore, si è tolto la vita nel tardo pomeriggio di venerdì, nella sua casa nel centro cittadino.
La vittima è Vincenzo Pirozzi: a trovare il corpo senza vita è stata la sorella quando, intorno all’ora di cena, è rientrata a casa ed ha fatto la tragica scoperta. Sul posto, oltre all’ambulanza, è intervenuta anche la polizia, che ha avviato gli accertamenti del caso.
Pirozzi era un infermiere conosciuto, stimato e amato da tutti, che da tanti anni lavorava nel grande nosocomio bolognese e da molto tempo svolgeva la sua professione nella Medicina d’urgenza. A dare notizia della morte è stato il sindacato infermieri Fials (Federazione italiana autonomie locali e sanità) che ha espresso cordoglio alla famiglia del collega: "Siamo profondamente addolorati – si legge in una nota – per questa immane tragedia". Nel ricordare la tragedia dell’uomo, il sindacato ha anche annunciato l’intenzione di presentare un esposto all‘ispettorato del lavoro per denunciare le condizioni di lavoro dei professionisti della sanità. Proprio su questo punto, l’associazione sindacale, pur sottolineando non poter confermare una correlazione tra quanto accaduto e i problemi legati alla situazione lavorativa degli operatori sanitari all’interno negli ospedali, ha voluto rimarcare che "non sono ancora chiare le motivazioni del gesto estremo, ma sappiamo che i lavoratori dell’ospedale Maggiore sono in continua pressione a causa della carenza di personale, dei doppi turni e dei carichi di lavoro ingestibili. Questo aumenta in maniera esponenziale lo stress da lavoro correlato, che può generare burnout (un insieme di sintomi che deriva da una condizione di stress cronico e persistente, associato al contesto lavorativo, ndr) depressione, ansia e istinti suicidi".
Fabio Brinati, medico e sindacalista per Fratelli d’Italia non nasconde la tristezza e lo sconcerto per la morte dell’infermiere, conosciuto da tutti e che in tanti chiamavano ’Vincenzino’ e sottolinea che "è necessario far luce su quanto successo perché non accada più. Si deve riflettere sul fatto che su problematiche personali ed esistenziali si possa aggiungere o innestare anche il carico del lavoro che in sanità sta diventando troppo pesante ed usurante senza avere più dei tempi di decompressione necessari a recuperare, riposando e vivendo la propria vita senza annullarsi".