Bologna, 12 aprile 2022 - Raffaele, come nasce Samusà ?
"Direi da una sorta di esigenza inconscia, che ho maturato nel tempo, cioè il fatto di aver dovuto abbandonare il luna park dove sono cresciuta. Sono stata sfrattata da me stessa...".
Lo show Performance nel 2015, la conduzione del Festival di Sanremo, il successo televisivo e l’ultimo tormentone Lol 2 : Virginia Raffaele porta sul palco del teatro EuropAuditorium tutta la propria energia, elettricità e sensualità per raccontare letteralmente se stessa. Oggi e domani verranno recuperate le due date di Samusà , inizialmente in programma il 3 e 4 marzo, con la regia di Federico Tozzi (Info: piazza Costituzione 5/f – info@teatroeuropa.it – 051.372540 ).
Ci parli di questa esigenza.
"In realtà, di per sé, il luna park è già teatro. Io porto in scena la mia vita, quello che mi è accaduto, le persone che ho incontrato. Una vera e propria scuola di vita, perché in fondo sono cresciuta tra le strade".
Come descriverebbe un’infanzia così particolare?
"Dico che è una fortuna essere cresciuta in questo modo. Io uso sempre una metafora cinematografica...".
Quale?
" The Truman Show. Penso a quando Jim Carrey si rende conto di tutto, vuole fuggire, prende la barca e... si schianta contro un muro di cartone".
Qual è stato il suo muro?
"I cancelli del luna park: il mio mondo finiva davvero a quei cancelli verdi. Ho raccolto tanti pezzi di vite interessanti, un riscontro autentico da molte persone, che ora voglio raccontare".
Il pubblico, invece, che riscontro le sta dando?
"Enorme. In Samusà si ride, ovviamente, ma c’è anche una parte malinconica".
Un po’ come in The Truman Show...
"Io sono fan del tragicomico, della risate che lasciano anche amarezza".
Tornare a teatro, dopo diversi mesi, che effetto le ha fatto?
"Ci troviamo in un momento più tranquillo dell’emergenza sanitaria, ma ormai personalmente non riesco più a staccare la testa dalle disgrazie che vediamo tutti i giorni".
Pensa alla guerra in Ucraina?
"Chiaro, mi sembra di vivere in un incubo prolungato, senza fine, in cui non ci si riesce a svegliare. La guerra mi terrorizza. Qualche giorno fa ero a teatro e, di fronte a questa situazione, mi è sembrato come di tornare nei racconti degli anni ‘40, quando c’era la guerra e ci si rifugiava nei teatri. Mi è venuta una sorta di ‘roba’ ancestrale allo stomaco...".
Secondo lei è difficile riuscire a godersi uno spettacolo dal vivo in un momento storico come questo?
"Stiamo comunque uscendo da una lunga emergenza che ha condizionato le nostre vite: penso che nel cuore delle persone ci siano come delle polveri sottili da dover soffiare via. La gente ha ancora paura di quello che ha visto e ora è più difficile tornare a lasciarsi andare".
E per quello che la riguarda?
"Riuscire a fare star bene, a far sorridere le persone, adesso ha un valore doppio. Anche solo poter far staccare loro la spina per un paio d’ore, ha un significato diverso".
Non da ultimo: Bologna. Cosa le evoca la città?
"Sono innamorata di Bologna: ha un fascino unico. Il primo dei tanti motivi è Lucio Dalla, che ho avuto la fortuna di incontrare in un’occasione. Poi è una città giovane, ma allo stesso tempo con tanta storia dietro. E si mangia bene... cosa chiedere di più?".