Ascoli, 17 ottobre 2024 – “La musica 432 Hz non l’ho scoperta io, ma è una cosa che ho approfondito, letteralmente studiandola intere ore insieme al mio grandissimo amico, il compositore italiano di musica a 432 Hz, Emiliano Toso, che, guarda caso, prima che musicista era un biologo molecolare e cellulare dell’Università di Toledo. Non è un caso”.
Il direttore dell’unità operativa complessa di Pronto soccorso e medicina d’urgenza dell’ospedale Mazzoni di Ascoli, Gianfilippo Renzi, spiega con entusiasmo come e perché ha voluto introdurre la musica, anzi, la musica con questa determinata frequenza, nel pronto soccorso del Mazzoni, grazie al contributo della famiglia Faraotti. All’annuncio hanno fatto seguito commenti favorevoli, ma anche ironia facile sul fatto che attraverso diffusori musicali si cercasse di risolvere i problemi dei pronto soccorso.
“Ho fatto una manutenzione ordinare straordinaria, la direzione dell’Ast – spiega il dottor Renzi – mi ha permesso senza alcun problema di rimodernare alcuni apparecchi elettromedicali e altro. Ho cercato di rendere più leggero il lavoro per i miei operatori, dando un po’ più ferie. Ho cercato di andare incontro anche alle loro esigenze personali, a volte mettendomi io in turno e dicendo loro ‘stai a casa a riposare perché ne hai bisogno’. E ha dato i suoi effetti. Però mi sono detto, non basta, non è questo che riporta il pronto soccorso nei rapporti con l’utente a quello che era una volta, quando venivano 3.000 persone all’anno, contro le 32.000 che arrivano oggi”.
Una rivoluzione copernicana attraverso la musica
Il direttore dell’unità operativa complessa di Pronto soccorso e medicina d’urgenza ha pensato allora a qualcosa di innovativo. “Ho pensato ad una rivoluzione copernicana attraverso la musica 432 Hz. In fondo – spiega – il pronto soccorso è un ambiente ottimale per fare cose del genere. Perché è l’ambiente dove si scontrano tutte le criticità relazionali che sono possibili nell’ambito della cura, tra i collaboratori, tra gli operatori sanitari, tra gli operatori e la dirigenza, tra gli operatori e l’utenza, pazienti, ma anche chi li accompagna”. L’obiettivo era migliorare il livello di accettazione dell’utenza con l’accompagnatore, migliorare l’empatia degli operatori verso l’utenza e dare degli strumenti agli operatori per gestire meglio l’usura psicologica e fisica legata a questo tipo di lavori.
“Ho fatto due o tre prove e io al terzo giorno di diffusione in sala d’attesa, nelle sale visita 1, 2, 3, nella sala di osservazione temporanea, dove i pazienti rimangono in attesa di ricovero o dimissione, anche 8-12 ore. A campione ho parlato con i loro accompagnatori, ho parlato con gli infermieri, con i medici, con i pazienti, anche quelli più anziani che avevano comunque un livello cognitivo che gli consentisse di dare una risposta. Le risposte sono state univoche: al loro modo – racconta Renzi - con le loro parole, con le loro modalità espressive, ma mi hanno tutti incitato ad andare avanti su questa strada. Ho provato a spegnere la musica per mezz’ora, ma tutti l’hanno rivoluta, dicendomi ‘ci ha fatto un regalo, che fa adesso? Ci fa vedere la torta e poi ce la leva?’”.