
Il cameraman ascolano Simone Traini
Ascoli Piceno, 4 marzo 2022 - Sono entrati nella nostra stanza con i fucili spianati, ci hanno sbattuto a terra e puntato in testa i kalashnikov". Momenti di terrore in Ucraina ieri mattina per il cameraman ascolano Simone Traini e per la troupe di Rai Uno di cui fa parte. C’è mancato poco che un semplice sospetto si trasformasse in tragedia, a testimonianza di quanto la tensione fosse altissima e in grado di coinvolgere anche coloro che cercano soltanto di fare il proprio mestiere raccontando gli sviluppi della guerra. E non è la prima volta. Anche nei giorni immediatamente successivi all’ingresso delle truppe di Putin in Ucraina, infatti, i giornalisti e gli operatori di ripresa italiani erano stati fermati dalle forze armate locali mentre cercavano di allontanarsi dalla linea di conflitto vicina a Popasnaya: erano stati scambiati per spie russe. E ieri la cosa si è ripetuta a Dnipro – dove la troupe si era spostata – con conseguenze che potevano essere ben peggiori. Poi fortunatamente il tutto si è concluso soltanto con tanto spavento.
Leggi anche: Anonymous: da 007 russi soffiata all'Ucraina su attentato a Zelensky. "Putin ora rischia"
E’ lo stesso Traini a raccontarci quei drammatici momenti. "Eravamo in diretta con Uno Mattina – spiega –, all’improvviso nel nostro albergo hanno fatto irruzione quattro uomini delle forze speciali ucraine, tra agenti di polizia e soldati in mimetica. Io e il mio collega cameraman siamo stati obbligati a sdraiarci per terra e ci hanno puntato la canna del fucile alla nuca, premendoci le ginocchia sulla schiena". Stesso destino per altri operatori che alloggiavano in un’altra stanza e per la giornalista Stefania Battistini, costretta a mettersi in ginocchio, tra urla e minacce, per una decina di interminabili minuti. "Parlavano soltanto in russo, non conoscevano altra lingua ed era impossibile capirli e farci capire – spiega Traini –. Nei primi momenti abbiamo avuto paura, ma siamo riusciti a rimanere calmi e a non farli agitare ulteriormente. Quando ti trovi in queste situazioni è dura, perché ti rendi conto che hai di fronte persone che in quel momento agiscono con una cattiveria inaudita, come delle bestie; e spesso provengono da contesti sociali che complicano ulteriormente la possibilità di riuscire a confrontarsi e a comprendersi. Ma fortunatamente, dopo varie trattative e dopo averci controllato attentamente i documenti, ci hanno lasciato andare".
Tutto si è risolto per il meglio dunque, ma la preoccupazione rimane, proprio perché oltre ai rischi diretti del conflitto, ci sono quelli in cui si può incappare anche se non si è coinvolti negli scontri o si è a una distanza di sicurezza dalle linee più calde. "Da queste parti vengono da otto anni di guerra e gli eventi degli ultimi giorni hanno ulteriormente alzato la tensione anche tra la popolazione – aggiunge il cameraman –. E’ comprensibile. A volte sono i cittadini stessi a segnalare situazioni che potrebbero essere sospette: ci hanno visto con delle telecamere e hanno pensato che fossimo spie".
Tanto spavento, insomma. E anche per i familiari di Traini non deve essere stato semplice. I genitori e i fratelli vivono ad Ascoli, mentre lui si è trasferito da alcuni anni a Milano. "Ho subito contattato la mia famiglia, non appena gli aggressori ci hanno riconsegnato i telefonini cellulari che ci avevano sequestrato – conclude l’operatore –. Voglio ringraziare la mamma dei miei due figli, che sta facendo di tutto per tenerli lontano dalle brutte notizie".