Dopo tre anni e mezzo di udienze si è concluso ieri con quattro condanne il processo riguardante un traffico internazionale di armi che vedeva quale principale imputato un ascolano, l’81enne Franco Giorgi. Alle 15 in punto la presidente del Collegio del tribunale di Ascoli Alessandra Panichi (a latere Domizia Proietti e Angela Miccoli) ha letto la sentenza condannando a 5 anni e 4 mesi di reclusione Giorgi, a 3 anni e 8 mesi il 56enne egiziano Gamal Saad Rezkalla Botros residente a Colli del Tronto, a 3 anni ognuno il 35enne Sirage Zreg residente a Torino, e il 55enne venezuelano Paolo Rubin residente a Venezia. Il Collegio ha condannato tutti al pagamento delle spese processuali; Giorgi e Botros dovranno pagare anche le spese della custodia cautelare. Giorgi è stato interdetto in perpetuo dai pubblici uffici; per cinque anni, invece, gli altri tre imputati. Stabilita per Giorgi l’interdizione legale per la durata della pena.
Il procuratore Monti aveva chiesto 6 anni per Giorgi, 3 per Botros e 2 per Zreg e Rubin. Scontato il ricorso in appello delle difese. Insieme ad altri, la cui posizione è stata a suo tempo stralciata, erano tutti implicati, a vario titolo, nell’inchiesta su attività di intermediazione per la compravendita di ingenti quantitativi di armi e munizioni da far pervenire alla Libia da altre nazioni europee; fatti in violazione della Risoluzione Onu 1970/2011 e delle successive estensioni e modifiche. L’ascolano era stato a lungo detenuto per il reato di immigrazione clandestina nelle carceri libiche dove, dopo l’estradizione in Italia avvenuta ad aprile 2019, disse di essere stato torturato. Nel marzo 2015 Giorgi, già sfiorato da due inchieste per un presunto traffico d’armi all’epoca della guerra nella ex Jugoslavia, telefonò ad un amico in Italia sostenendo di essere stato rapito nell’ambito di una non meglio specificata missione commerciale. I carabinieri del Ros, però, scoprirono che stava tentando di esportare un ingente quantitativo di armi destinato, secondo gli investigatori, ad armare i fratelli libici Alarbi El Tumi, emissari della Brigata di Zintan in Libia. Tra missili anticarro, mille pistole Rx calibro 9 millimetri, 45 fucili mitragliatori ‘sniper’, da cecchino, giubbotti antiproiettile, munizioni, puntatori laser, il valore degli armamenti fu stimato il 15 milioni di euro. L’arresto e la successiva estradizione in Italia avvennero su mandato del Gip del Tribunale a seguito della richiesta della Procura di Ascoli. Peppe Ercoli