E’ stato condannato a quattro mesi un giovane di San Benedetto accusato di aver lanciato un pallone all’interno del carcere di Teramo dove era detenuto il padre, un tunisino ripetutamente balzato agli onori delle cronache anche per le minacce al giudice del tribunale di Ascoli e per una clamorosa fuga dagli arresti domiciliari. Quello lanciato dentro al carcere teramano di Castrogno non era infatti un pallone qualsiasi. All’interno della sfera di cuoio c’erano infatti due smartphone e quattro microtelefoni dotati di carica batterie e auricolari.
Il pallone era stato quindi scucito, vi erano stai messi dentro gli apparecchi elettronici e quindi ricucito. Una volta preparato il ’pacco’ da far recapitare, il 25 agosto scorso il giovane ha provveduto a farlo recapitare. Il pallone infatti è stato lanciato con un calcio ben assestato all’interno del carcere di Teramo, nel campo di calcio all’interno dell’istituto penitenziario. Il pallone, e il suo bottino cucito all’interno, non hanno avuto però vita lunga all’interno del carcere. A ritrovarlo per primi sono infatti stati gli agenti della polizia penitenziaria e non i detenuti impegnati a giocare a pallone proprio in quell’area. L’accusa per lui era quella di aver tentato di procurare indebitamente a qualche detenuto da lui conosciuto un apparecchio telefonico idoneo ad effettuare comunicazione. Assistito dall’avvocato Gramenzi (in foto), il ragazzo è finito dunque sotto processo, al termine del quale è stato condannato a quattro mesi di reclusione.