OTTAVIA FIRMANI
Cronaca

A 8 anni dal terremoto nelle Marche. "Tanti vanno via da qui, siamo abbandonati: manca ciò che serve"

Ad Arquata i residenti sono in netto calo: viaggio tra chi non molla. Unica nota positiva i 35 bambini nati dal 2016. Molti i cantieri. "Puntiamo sul turismo, dobbiamo tenere vivi questi luoghi"

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Ruderi del terremoto ad Arquata del Tronto, epicentro del sisma di otto anni fa

Arquata del Tronto (Ascoli), 24 agosto 2024 – Alle 3.36 del 24 agosto di otto anni fa Arquata è crollata, e con lei anche la vita di 1.178 persone.

Case distrutte, strade interrotte, 299 vite strappate.

Il terremoto non ha risparmiato niente e nessuno. E oggi, praticamente otto anni dopo, quello strappo è ancora ben visibile e sanguinante.

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"La cosa che non dimenticherò mai è il buio dopo il boato, esci di casa così come sei, in pigiama, lasci tutto. E perdi tutto. Io ho dovuto chiamare i pompieri anche solo per aprire la porta di casa, e quelle poche cose che sono state portate in salvo ora sono pressoché inutili. L’aria è ancora pesante, il cimitero è abbandonato".

Parla così Annamaria Giacobetti, rientrata da una settimana nella casa dove ha vissuto quella terribile notte, sconsolata e accompagnata, ora, dietro il cancello dell’abitazione nuova di zecca, dai suoi tre cagnolini. Intorno: cantieri, case diroccate, qualche anziano seduto a osservare il via vai.

Pescara del Tronto – in provincia di Ascoli – è il luogo più colpito del Piceno, 52 vittime. Completamente rasa al suolo. Ora regna il silenzio, interrotto sporadicamente da qualche cane solitario. Le case squarciate lasciano intravedere ancora, otto anni dopo, camere da letto, docce, cucine un tempo ricche di vita. Per terra, tra le macerie, qualche gioco abbandonato. Pescara del Tronto, Borgo, Camartina, Capodacqua, Colle, Faete, Forca Canapine, Piedilama, Pretare, Spelonga, Trisungo, Tufo, Vezzano, Arquata. La vita di questi luoghi, e di chi li abitava e li abita ancora, è cambiata nella notte del 24 agosto del 2016 e ora fa fatica a ripartire.

Com’era questo luogo prima? "Bella domanda, prima era casa, e lo è anche ora – risponde Riccardo Perla, 26 anni –. Non riesco a immaginare una vita senza questi posti, anche quando ero via, quando mi sono allontanato, il desiderio di tornare è stato troppo forte. Io qui sono cresciuto, sono troppo affezionato. Il mio posto del cuore era un campetto, davanti casa, con il manto rosso. Ricordo quando ci giocavo, lì sono praticamente cresciuto, ci ho passato l’infanzia. E ora ci sono le casette".

Fuori dai ricordi, la vita sembra avere trovato la sua normalità, seppur diversa. I punti di ritrovo ora sono i pochi bar rimasti sparsi per le frazioni, la comunità si stringe nei posti che lo permettono.

Le macerie sono state portate via, la ricostruzione è lentamente ripartita, per strada si incontrano camion diretti ai cantieri, eppure quello che si respira è rassegnazione.

"Siamo abbandonati a noi stessi. Viviamo qui perché la nostra vita è qui, ma non c’è nient’altro". Questa la frase più pronunciata.

Cosa manca? "Non si pensa al turismo, a ciò che dovrebbe tenere vivi questi luoghi, si è investito su ciò che era superfluo e ora manca ciò che è necessario. Così i posti si svuotano", commenta Daniela Caruso, proprietaria di una delle poche attività commerciali nel cratere piceno.

"È dura raccontare questi otto anni – dice il sindaco di Arquata, Michele Franchi –, è stato un periodo di estrema difficoltà, di stati emergenziali, di cambi di governo, di normative che cambiano. Ora a livello burocratico c’è tutto, ma dobbiamo continuare a prenderci cura del territorio, anche quelli rimasti un po’ indietro. Chiedo uno sforzo in più, proprio ora, ai tecnici, agli uffici, ai professionisti. È più facile lavorare in altre zone, ma qui c’è più bisogno".

I residenti a giugno di questo anno sono 930, 248 in meno del 2016. "Molti se ne vanno anche solo per non rivivere quotidianamente il dramma, non rivedere ogni giorno i posti dove magari hanno perso dei cari". "Io – commenta ancora Riccardo Perla – cerco di non pensarci spesso, ma è un trauma che porterò con me per sempre".

E poi, la nota positiva: da quella terribile notte, 35 sono i bambini venuti alla luce. Bambini che si vedono giocare nelle zone verdi rimaste, nei parchetti appena ricostruiti. Bambini che portano speranza, e voglia di continuare, per assicurare anche a loro un futuro migliore, al sicuro. La voglia di tornare ad abitare questi luoghi c’è.

Ce lo spiega Isabella Di Vittori, praticamente l’unica proprietaria di un B&b in zona. "Ho riaperto da un mese e ho passato agosto a dire ’no’ a tantissime prenotazioni. I turisti ci sono, ma soprattutto chi un tempo qui abitava, ora prova a tornare, anche solo per un periodo, per una notte".