REDAZIONE ASCOLI

Passaporti falsi ai giocatori, il procuratore D’Ippolito assolto dalla Corte di Appello

E’ ripreso ieri davanti al Collegio del Tribunale di Ascoli il processo che vede imputati due impiegati del comune di Spinetoli, Filippo Galletti e Ivana Marinozzi, e un ex dipendente del Comune di San Benedetto, Enrico Lucadei, accusati di corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio e falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici. La vicenda è quella dei calciatori provenienti dall’Uruguay che avrebbero utilizzato scorciatoie illecite per ottenere lo status di giocatore comunitario, attraverso le procedure di riconoscimento di quella particolare forma di cittadinanza acquisita – iure sanguinis – da stranieri discendenti di cittadini italiani. Ma mentre prosegue l’istruttoria dibattimentale che consta dell’audizione di un gran numero di testimoni emerge la notizia che il principale personaggio dell’inchiesta, il procuratore di calciatori Vincenzo D’Ippolito, è stato assolto in Appello per questi stessi fatti. Il 12 giugno 2016 il giudice delle udienze preliminari Maria Teresa Gregori lo aveva condannato a due anni e otto mesi di reclusione al termine del processo celebrato con rito abbreviato. Una condanna impugnata davanti alla Corte d’Appello di Ancona che ha accolto il ricorso pronunciando una sentenza di assoluzione. Un pronunciamento che risale addirittura a luglio 2018, ma che D’Ippolito non ha pubblicizzato, tanto che sul web permangono ancora solo le notizie della sua condanna. "Non l’ho pubblicizzata perché sulle prime avrebbe dovuto farlo il mio legale, poi per una serie di motivi, ciò non è avvenuto. Ma ormai era arrivato per me il momento di dimenticarmi di questa vicenda che mi ha procurato tanta sofferenza senza alcun motivo, perché certamente ricorderete che fin dall’inizio ho dichiarato la mia assoluta innocenza e quella delle altre persone con me indagate" spiega D’Ippolito. Il procuratore di calciatori all’epoca disse che il suo lavoro è altro rispetto a quelle cose per cui è stato indagato sottolineando per altro che in Uruguay il 60% delle persone ha in famiglia un italiano e che tutte le pratiche viaggiano attraverso passaggi regolari fra ambasciate e consolati di quel paese e dell’Italia. Nell’udienza di ieri è stato sentito un agente della Polizia che partecipò alle indagini.

Peppe Ercoli