ANDREA GIANNI
Cronaca

Morta dopo la rinoplastica: “Nessuna colpa medica”

La famiglia della donna 47enne di San Benedetto del Tronto si ribella al pm. “Vogliamo la verità, non può finire così”. Operata al naso, uccisa da un’embolia

Stefania Camela aveva 47 anni e lavorava al Comune di San Benedetto del Tronto. È morta poco meno di un anno fa

Stefania Camela aveva 47 anni e lavorava al Comune di San Benedetto del Tronto. È morta poco meno di un anno fa

Milano, 23 novembre 2024 – Per la Procura di Milano non ci furono responsabilità da parte del personale sanitario nella morte di Stefania Camela, 47enne di San Benedetto del Tronto che un anno fa era andata a Milano per sottoporsi a un intervento al naso. Il pm Luca Poniz ha chiesto l’archiviazione dell’inchiesta per omicidio colposo a carico dei due indagati, l’anestesista e l’otorino che eseguì l’operazione nella clinica privata Blumar Medica di Milano. Archiviazione alla quale si oppongono i familiari della donna morta due giorni dopo la rinosettoplastica a causa di un’embolia che, assistiti dagli avvocati Carolina Lenzi e Ioana Cisman, hanno presentato un’istanza al gip chiedendo di disporre nuovi accertamenti e fare chiarezza sulle cause della morte.

Dipendente del Comune marchigiano, Stefania Camela si era sottoposta a una rinosettoplastica, un intervento al setto nasale e ai turbinati per migliorare la respirazione, perché aveva subito danni al naso a causa di un incidente stradale accaduto quando aveva 10 anni. Un’operazione considerata di routine, senza particolare complessità. Stefania non aveva alcuna patologia, praticava sport e si sottoponeva a regolari controlli clinici. Aveva paura dell’anestesia, secondo quanto hanno riferito i familiari nei giorni successivi alla tragedia, e per questo si sarebbe rivolta a una clinica privata con un medico che operasse senza intubare e senza tamponi post intervento. Quattro ore dopo l’operazione i medici l’hanno dimessa.

Per due giorni la donna e il compagno, Michele Sibillo, avevano soggiornato in un hotel a Milano, visitando la città. Si stavano preparando per tornare nelle Marche quando, all’improvviso, la 47enne si è sentita male. È stata rianimata prima dal compagno e poi dai sanitari del Policlinico che hanno fatto di tutto per salvarla, ma in meno di due ore ha cessato di vivere. La Procura di Milano aveva aperto quindi un’inchiesta per il reato di omicidio colposo, sequestrando le cartelle cliniche e disponendo l’autopsia sul cadavere della donna, per accertare le cause della morte ed eventuali responsabilità dei medici. Responsabilità che sarebbero state escluse dalla consulenza medico legale, alla base della richiesta di archiviazione: anestesista e otorino avrebbero rispettato le linee guida, e non sarebbero emerse irregolarità nel loro operato e nelle procedure seguite dalla clinica prima, durante e dopo l’operazione. Secondo il pm, quindi, fu una tragica fatalità. I legali dei familiari hanno presentato, intanto, un’opposizione alla richiesta di archiviazione.

Il gip (l’udienza non è stata ancora fissata) dovrà decidere se disporre l’imputazione coatta dei medici, ordinare nuove indagini oppure chiudere il caso. “Noi siamo convinti che debbano essere svolti altri accertamenti – spiega l’avvocato Carolina Lenzi – e che ci siano aspetti da approfondire, anche sulla base della nostra consulenza di parte. Ci rimettiamo alla valutazione del giudice”. Resta il dolore per i familiari e gli amici della dipendente comunale, scomparsa un anno fa dopo un intervento di routine finalizzato a correggere la deviazione del setto nasale e ripristinare una corretta respirazione. Una donna deceduta dopo un’operazione al naso come Margaret Spada, che ha perso la vita lo scorso 7 novembre a Roma dopo tre giorni di agonia.