MARCELLO IEZZI
Cronaca

Il giallo del soccorritore Massimiliano Galletti, ucciso da una granata a Kiev

Il 59enne di San Benedetto si occupava di aiutare le persone ferite in battaglia. Mortale un colpo di ’Rpg’: con lui è rimasto ferito un altro italiano. Ora si attende il rimpatrio della salma

A sinistra Massimiliano Galletti, a destra un lancia granate

A sinistra Massimiliano Galletti, a destra un lancia granate

Ascoli, 1 novembre 2024 – Chiarito il giallo della morte di Massimiliano Galletti, 59 anni di San Benedetto, deceduto lunedì scorso nell’ospedale di Kiev, pare dopo un mese di coma. Notizie ufficiali confermano che l’uomo era rimasto gravemente ferito dalle schegge di una granata mentre svolgeva servizio di assistenza ai combattenti sul fronte in una località non distante dalla capitale ucraina. Galletti non era un foreign fighters, un combattente straniero, ma si occupava di soccorrere le persone ferite in battaglia. Operava quindi nelle retrovie, ma sarebbe rimasto ferito da un colpo di ’Rpg’, un lancia granate portatile anti carro: arma molto semplice quanto letale. Con lui è rimasto seriamente ferito anche un cittadino della Sardegna, un suo amico che l’aveva aiutato ad arrivare in Ucraina e che adesso versa in gravissime condizioni nella stesso ospedale dove il 28 ottobre è morto Galletti, primo italiano a perdere la vita sul fronte ucraino seppur non combattente. Massimiliano era un soccorritore, un conduttore e addestratore di unità cinofile e questa sua preparazione era risultata particolarmente adatta per aiutare e ricercare feriti e morti nei combattimenti in zone di guerra.

La notizia è stata confermata anche dalla questura di Ascoli che è in costante contatto con la Farnesina. A questo proposito vi è da aggiungere che da qualche settimana la Digos aveva attenzionato gli spostamenti di Massimiliano Galletti per i suoi frequenti movimenti tra San Benedetto e l’Ucraina, fino a chiedere informazioni negli uffici municipali di San Benedetto, dove lavorava come messo comunale. Circa due anni fa era stato per la prima volta, insieme alla protezione civile nazionale, in Polonia nelle zone di confine con l’Ucraina proprio per cercare di aiutare gli sfollati che fuggivano dalle barbarie della guerra. Una volta tornato a casa si è organizzato, con l’aiuto dell’amico sardo, per tornare almeno altre due volte e in modo autonomo. Ultimamente, secondo quanto affermano gli ex colleghi di lavoro, era stato trattenuto dalla milizia ucraina, probabilmente per il suo importante ruolo che svolgeva come soccorritore paramedico. Massimiliano Galetti, nonostante le difficoltà in cui operava, riusciva costantemente a stare in contatto con la moglie Donatella Scarponi, con la figlia Aurora e la madre Vittoria che alla notizia della morte del figlio ha accusato un malore, richiedendo l’intervento del personale sanitario. Contatti che si erano interrotti un mese fa, quindi dal giorno in cui era rimasto vittima della deflagrazione nella zona dove si svolgevano i cruenti combattimenti fra ucraini e russi.

Ora si attende il rimpatrio della salma che sarà sottoposta ad autopsia su richiesta del Ministero degli Esteri. Rimpatrio che dovrebbe avvenire entro tre giorni per evitare la cremazione. La famiglia si è affidata a un legale del foro di Pescara che è in contatto con la Farnesina.