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Leopardi e la ricerca del piacere "figlio d’affanno" La vita è ancora più preziosa se è in pericolo

Il genio recanatese e le speranze in un domani migliore: unico modo di dare senso alla vita

Nei primi mesi di scuola quest’anno abbiamo avuto modo di conoscere meglio un pilastro della poesia italiana, Giacomo Leopardi. Un autore che abbiamo amato molto poiché ci siamo profondamente riconosciuti nei suoi versi, in particolare per un tema ricorrente nelle sue opere: il desiderio connaturato in tutti gli uomini e ancor più nei giovani, di un domani che arrechi benessere e felicità, ma che, per Leopardi, nonostante tutto l’impegno e l’entusiasmo profuso dagli uomini per conseguirli, rimangono sempre disattesi e negati.

Il piacere è "figlio d’affanno" (ovvero scaturisce dalla fine di un male passato), come scrive il poeta recanatese ne "La quiete dopo la tempesta", oppure, come si evince da "Il sabato del villaggio" e dal "Dialogo di un venditore di almanacchi e di un passeggere", si coglie nell’attesa di un bene venturo o di un futuro migliore rispetto agli anni precedenti; tale piacere, tuttavia, per Leopardi è destinato ad essere breve e a creare inevitabilmente un senso di disillusione. Nonostante ciò, ritorna sempre più insistente l’aspettativa di un qualcosa di positivo che possa appagare ogni uomo, se non altro per dare senso alla sua vita e renderla meno noiosa, pure esponendola al pericolo. Anzi, ci dice il poeta nel "Dialogo di Cristoforo Colombo e di un passeggere", tanto più si mette l’esistenza a rischio, tanto più la si ama e la si considera preziosa.