REDAZIONE ASCOLI

Impianto di via Pomezia. ProMarche ricorre al Tar

La società si schiera contro il divieto imposto dal Comune alla costruzione di una struttura di stoccaggio a bassa temperatura per ortaggi surgelati .

L’amministratore delegato della ProMarche, Oreste Aquilone

L’amministratore delegato della ProMarche, Oreste Aquilone

La ProMarche ha presentato ricorso al Tar contro la decisione, presa in consiglio comunale, di non approvare la realizzazione dell’impianto di stoccaggio in via Pomezia. L’organizzazione di produttori ortofrutticoli in particolare chiede che venga annullata la delibera di consiglio: di tale scelta, infatti, non sarebbe stata ravvisata la motivazione. La delibera in sé non entra nel dettaglio: essa si limita ad informare che l’assise si è espressa con 19 voti contrari e solo 5 favorevoli. L’atto, va sottolineato, ricorda che durante la discussione del punto è stata udita un’informativa segretata, e che gli interventi di tutti i consiglieri sono presenti nella trascrizione del processo verbale allegato. Detto questo, però, il comune non ha espresso, con il diniego contenuto nella delibera, un indirizzo specifico. Ora quindi la pratica è stata portata al Tar: se il ricorso venisse accolto e la vicenda non approdasse in altri gradi di giudizio, il consiglio avrebbe la facoltà di riportare il punto in emiciclo e formulare una nuova delibera, che sia di assenso o di nuovo diniego. Insomma, la questione non si è conclusa con la votazione del 5 luglio. Tutto aveva inizio nel giugno 2023, quando la società cooperativa presentava istanza finalizzata al rilascio del titolo unico, in variante allo strumento urbanistico, per la realizzazione di un impianto automatico di stoccaggio a bassa temperatura e movimentazione informatizzata di ortaggi surgelati, con annessa anticella, a nord dello stabilimento che si trova in via Pomezia.

Un’iniziativa per cui è stato previsto un investimento di 18.714.735 euro, di cui un contributo Pnrr a fondo perduto di 7.485.894 euro, per un progetto che non prevede consumo di suolo né carico urbanistico e che, se realizzato, doterebbe San Benedetto di "un’infrastruttura industriale altamente tecnologica e innovativa", come l’ha definita l’ad Oreste Aquilone. La struttura avrebbe raggiunto i 28 metri, e quindi la variante si rendeva necessaria perché l’altezza massima consentita, in questa zona, è di 11 metri. Il tutto veniva portato avanti in conferenza dei servizi, il cui iter si concludeva positivamente a maggio, quando venivano "acquisiti sia gli assensi senza condizioni – continua la delibera – che le posizioni favorevoli espresse dagli enti ed amministrazioni coinvolti nel procedimento". Nel frattempo però la consigliera Annalisa Marchegiani sollevava dubbi sul procedimento amministrativo seguito, rimarcando la necessità di dotarsi di un documento di indirizzo prima di portare una variante del genere in conferenza dei servizi. In assise poi ha prevalso il ‘no’, ma la partita è tutt’altro che chiusa.

Giuseppe Di Marco