La prospettiva che era stata fatta inizialmente per riportare a casa la salma di Massimiliano Galletti, 59enne di San Benedetto deceduto in Ucraina il 28 ottobre scorso, era di 15 giorni, ma Ambasciata e ditta incaricata del trasporto della salma contano di abbreviare i tempi. "Secondo le mie intenzioni vorrei fare il funerale nel pomeriggio di sabato, ma gli ostacoli da superare sono tanti e le cose cambiano continuamente – afferma Gheri Merlonghi titolare dell’omonimo centro del funerale di Milano che è stato incaricato dalla famiglia di eseguire tutte le pratiche e il trasporto della salma via terra, da Kiev a San Benedetto attraverso la Polonia – I documenti li ho già tutti e per mercoledì saranno tradotti dal cirillico all’italiano, ma di volta in volta arrivano complicazioni. Abbiamo appreso che per avere l’autorizzazione dell’ambasciata polacca dobbiamo andare a Leopoli, circa 600 km all’andata e altrettanti al ritorno, in un territorio di guerra. Quindi mostrare all’ambasciata ucraina che tutto e a posto e che la salma può partire. Ci stiamo mettendo l’anima per raggiungere l’obiettivo prima possibile, ma le feste dei giorni passati hanno rallentato tutto. La macchina burocratica si è attivata a pieno regime solo stamane con la collaborazione dell’Ambasciata italiana e di qualche personaggio politico".
Massimiliano Galletti è morto nell’ospedale di Kiev dopo circa un mese di ricovero e l’autopsia, già eseguita dall’istituto di medicina legale nella capitale ucraina, ha confermato che il decesso del cittadino italiano è stato causato dalle lesioni provocate dalle schegge di una granata. Avrebbe dovuto tornare a casa perché aveva terminato tutti i permessi avuti dal comune di San Benedetto, dove lavorava come messo notificare, invece il destino ha voluto per lui un altro epilogo. "La prima aspettativa gliela avevamo concessa per motivi umanitari, per portare aiuto alle popolazioni locali in fuga dalla guerra che si rifugiavano in territorio polacco – afferma Roberto De Berardinis, dirigente affari e organi istituzionali del comune di San Benedetto – Poi ci ha chiesto un’altra aspettativa per motivi personali e, nonostante le difficoltà dovute alle ristrettezze di personale, l’abbiamo concessa. Esauriti i 18 mesi ha chiesto le ferie e non ripresentandosi a lavoro abbiamo dovuto fare un provvedimento disciplinare, ignari di quanto stava accadendo".
Marcello Iezzi