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Fermo pesca fino a fine settembre. I marittimi: "Ci hanno abbandonati, i 15 giorni in più non serviranno"

Dal ministero dell’Agricoltura nessun dietrofront sullo stop di 45 giorni ma mancano i contributi: "Dopo essere stati fermi per un mese e mezzo, è concepibile una situazione del genere?".

Pietro Ricci e Pietro Merlini, operatori marittimi sambenedettesi da anni impegnati nella tutela della categoria

Pietro Ricci e Pietro Merlini, operatori marittimi sambenedettesi da anni impegnati nella tutela della categoria

"Ci hanno abbandonati". Lo afferma a chiare lettere Giuseppe Pallesca, uno degli storici operatori marittimi del porto di San Benedetto. La situazione legata al fermo biologico, che terminerà nella notte tra il 29 e il 30 settembre e non alla fine di questa settimana come i marittimi avrebbero auspicato, è una delle principali fonti di malcontento quest’anno. Il dispositivo attuato dal ministero dell’Agricoltura prevede 45 giorni di stop, che però non sono tutti coperti economicamente sotto forma di contributi agli armatori, e come sottolineano gli addetti ai lavori, neppure per quanto riguarda la cassa integrazione per gli imbarcati.

"Quarantacinque giorni di lavoro persi e i marinai percepiranno al netto di tutto nemmeno 800 euro". Lo afferma Pietro Ricci, altro marittimo sambenedettese impegnato da anni nella tutela della categoria, che oggi lamenta una situazione di difficile comprensione per chi vive di pesca. "Hanno voluto aggiungere quei 15 giorni obbligatori in più, quando è evidente che ai fini della crescita della risorsa ittica e del ripopolamento non cambia assolutamente niente. Due settimane che non spostano di una virgola quello che troveremo in mare quando torneremo". A dargli ragione è anche l’armatore Pietro Merlini: "Quando si tornerà in mare faremo come sempre, troveremo più pesce sotto costa e tenderemo poi ad allargarci in base a come andranno le attività nel corso dei primi giorni. Niente di diverso dal solito". Ma al di là di queste dinamiche, al centro ci sono le risorse economiche. "Ci hanno abbandonati, non c’è nessun’altra frase che possa descrivere questa situazione – continua Pallesca –. Gli armatori hanno percepito il contributo per il fermo fino al 2021. Dopodiché più nulla. 2022 e 2023 devono

ancora arrivare e parliamo di cifre con le quali io, ad esempio, non riesco a pagare neppure i contributi".

A questa situazione si aggiunge quella dei dipendenti. Per loro la cassa integrazione è arrivata al 2022. E ora manca all’appello quella dello scorso anno. "Parliamo di soldi che nessuno sa quando arriveranno e che, tra l’altro, non sono sufficienti", incalza Pietro Merlini. "I marinai torneranno a lavorare alla fine del mese di settembre e in teoria percepiranno le prime paghe trenta giorni dopo, a fine ottobre. Dopo essere stati fermi per un mese e mezzo, è concepibile una situazione del genere? È logico che saremo noi a dover anticipare quel denaro, ma anche noi abbiamo le nostre difficoltà legate a questa situazione e non soltanto a questa".

Emidio Lattanzi