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Educazione sessuale: "Bisogna parlarne con i bambini prima che chiedano al web"

La psicologa Agostini spiega il fenomeno nelle classi delle elementari: "I ragazzini sono curiosi e se non trovano risposte soddisfacenti poi si rivolgono ai social, incappando in pornografia e pedopornografia".

Educazione sessuale: "Bisogna parlarne con i bambini prima  che chiedano al web"

La psicologa Agostini spiega il fenomeno nelle classi delle elementari: "I ragazzini sono curiosi e se non trovano risposte soddisfacenti poi si rivolgono ai social, incappando in pornografia e pedopornografia".

Dopo ogni caso di cronaca nera, dopo ogni femminicidio, dopo ogni denuncia di violenza si torna a chiedersi: l’educazione sessuale potrebbe aiutare a migliorare la situazione? Per rispondere alla domanda c’è la psicologa Elisabetta Agostini.

Dottoressa, com’è la situazione nelle scuole?

"Varie volte sono stata invitata dagli insegnanti nel momento in cui si accorgevano che cominciavano a circolare certi argomenti, specialmente certi termini, all’interno della classe. Spesso c’è un utilizzo che però è orientato alla volgarizzazione dell’argomento, è semplicemente un modo di avvicinarsi all’argomento che talvolta può dipendere dal fatto di aver sentito il compagno di banco quello specifico termine oppure, come avviene tante volte, di aver visto informazioni che arrivano dai social".

Si rivolgono prima ad internet che alla famiglia?

"Spesso sì, per questo è importantissimo invece intercettare prima il bisogno di informazioni e di una vera e propria educazione. Le famiglie, e ovviamente la scuola, dovrebbero poter intervenire subito, quando cominciano a diffondersi curiosità e dubbi, per evitare che i bambini trovino informazioni diseducative o pericolose in un ambiente così poco controllato come quello digitale. Se non c’è un adulto che affronta il tema, i bambini non lo accantonano, semplicemente fanno riferimento ad altre fonti, e spesso quelle a loro portata di mano sono diseducative".

È un problema nato con i social?

"Probabilmente queste fonti diseducative ci sono sempre state, ci sono state anche in passato a prescindere dai social, penso ad esempio ad un certo tipo di letteratura. Però erano informazioni molto meno impattanti rispetto a quello che si reperiscono ad oggi. Con internet però la ricerca è più veloce anche molto più intrusiva. Non è raro che i ragazzini si accostino non solo alla pornografia ma anche alla pedopornografia, perché una volta che attivano un contatto sulla rete, poi a raffica vengono bombardati da informazioni e stimoli di questo genere. Dopodiché la questione si complica, perché ciò che vedono o ascoltano diventa difficile da comunicare agli adulti e quindi spesso non lo condividono, o lo condividono con chi è al loro pari, come gli altri compagni o i coetanei".

Di che età parliamo?

"Sicuramente i primi anni della scuola media, però anche durante gli ultimi due anni delle scuole elementari".

Quando cominciano a circolare questi temi nelle classi, come si interviene?

"In primis, visto che l’educazione sessuale è ancora un tema molto delicato nella nostra società, si chiede il consenso di tutti i genitori dei bambini della classe nella quale ci si muove. Io ho una modalità molto libera. Nel senso che chiedo ai bambini di fare le domande che desiderano. Così capita che ci siano domande generiche, ma anche specifiche. In questi frangenti ho notato una differenza tra il maschile e il femminile. Le ragazze chiedono di più dell’ambito della relazione, mentre i ragazzi più dell’ambito strettamente sessuale e ‘tecnico’".

Un consiglio ai genitori?

"Di approfondire, privatamente, certi argomenti. Superando l’imbarazzo, perché nel momento in cui i ragazzi ricevono una risposta non soddisfacente allora poi provvedono da soli utilizzando gli strumenti a loro disposizione".