Ascoli, 25 dicembre 2024 – Ci sono due modi di affrontare la vita: uno è quello di chiedersi perché ogni sfortuna capita sempre a noi, l’altro è quello di domandarsi come mai siamo così fortunati. E quando qualcosa di davvero grave ci accade, ecco che la trasformazione che ogni trauma provoca può portare a qualcosa di meraviglioso o a un abisso di disperazione, in cui non c’è più motivo di alzarsi dal letto la mattina. Prediamo il caso di Chiara Capriotti, di Castel di Lama, che a vent’anni è stata falciata da un’auto sulla Salaria. Non era un pazzo ubriaco, ma solo una signora che non l’ha vista. La violenza dell’urto l’ha mandata in coma e costretta ad anni di riabilitazione, compresa quella neurologica per una parziale paresi a un lato del corpo. Da quella esperienza Chiara ha capito che l’unico modo di trovare un senso alla nostra folle esistenza e a quello che può capitarci all’improvviso, è darsi agli altri.
Chiara, qual è la sua storia?
“Dieci anni fa ho avuto un incidente stradale che mi ha costretto per un periodo a fare una lunga degenza in ospedale e poi in una struttura per la riabilitazione”.
La sua vita di ventenne è stata stravolta in un attimo.
“Di solito quando si subiscono questi traumi chi in un modo chi in un altro, cambi sia caratterialmente sia nel vedere le prospettive di vita. È normale che quella fase di arrabbiatura ci sia, ma dipende anche da come la di vive e come la si vuole superare e se si vuole superare”
E lei come l’ha superata?
“Quando ho iniziato a stare meglio ho fatto un tirocinio per integrare noi persone con disabilità nell’ambito lavorativo all’ospedale Mazzoni, era il 2016. Dopo è arrivato il Covid e hanno dovuto interrompere”.
Che impatto avuto su di lei il Covid?
“Per non farmi prendere dallo sconforto mi è venuto in mente di aiutare le persone che hanno più bisogno di me nelle cure mediche e purtroppo visto che per le mie patologie non posso fare le donazioni di sangue, ho iniziato ad aiutare i piccoli pazienti della Pediatria. Loro hanno tutta una vita davanti e il diritto all’innocenza della loro età”.
E come si è mossa?
“Ho iniziato a collaborare con la Pediatria con le donazioni appena ho potuto, a marzo 2021. Sono contenta nel mio piccolo di poter aiutare questo reparto per quel poco che mi compete”.
Lei sa che in molti, al suo posto, se la sarebbero presa con il destino. Come ha fatto a trasformare un dramma in una rinascita?
“Ho pensato ok, sono stata investita. Ma perché sono sopravvisuta quando tante vittime di incidenti stradali ci rimettono la vita? Da lì, è passata la rabbia ed è scatta la molla di aiutare chi è messo peggio di me”.
Com’è oggi la sua vita?
“Dopo la pandemia ho riniziato a lavorare in ospedale fino a quando non sono riuscita, grazie al consenso del primario, a far parte dell’ambito lavorativo pediatrico. Vivo da quattro anno in Ascoli, anche se non vedo l’ora di tornare a Castel di Lama visto che ho comprato casa”.
E il rapporto con il Mazzoni?
“Vorrei ringraziare tutta l’equipe della pediatria neonatologia di Ascoli per avermi accettato e soprattutto per farmi una volta all’anno di contribuire alle donazioni. Oltre al dottor Ermanno Ruffini, vorrei ringraziare la dottoressa Giulia Zorzi, il dottor Luigino Luciani, la dottoressa Maria Rita Sabatini, il dottor Alberto Leonardi, le dottoresse Martina Vallorani, Elena Amodeo e Roberta Ursini. Vorrei anche ringraziare l’ex caposala Michele Rosati e l’attuale Manuela Del Moro che mi ha insegnato il lavoro che mi compete”.