
Alessandro Petrucci al lavoro
Sono stanchi di vivere nelle casette, gli arquatani. Ma i cantieri che avanzano rappresentano un bel segnale e consentono loro di guardare con fiducia al futuro. Nelle Sae bisogna adattarsi, facendo di necessità virtù, consapevoli però del fatto che al più presto si potrà tornare ognuno nelle proprie abitazioni. Ne è convinto anche Alessandro Petrucci, uno dei titolari della storica macelleria del paese, che ad Arquata rappresenta ormai una sorta di ‘istituzione’. Il commerciante vive in una casetta da sessanta metri quadrati, insieme alla moglie e ai suoi tre figli.
Petrucci, come si sta nelle Sae?
"Beh, non posso negare il fatto che stiamo abbastanza stretti. In cinque, infatti, non è facile riuscire ad avere i giusti spazi in un modulo così piccolo. Però quando mi aveva assegnato la casetta avevo soltanto due figli, pertanto avevo diritto a quella di dimensioni medie. Comunque, tutto sommato, ammetto che ci siamo abituati e non mi sono assolutamente pentito di essere rimasto sul territorio".
Quando tornerà a casa?
"Spero il prima possibile, ma sono consapevole che ci vorranno ancora diversi anni. La nostra abitazione, purtroppo, si trova proprio nel centro storico e i lavori sono fermi da un po’ perché prima devono essere demoliti alcuni edifici circostanti. La ricostruzione sarà lunghissima, inutile illuderci. Però, quantomeno, nell’ultimo periodo abbiamo visto che si sta provando ad accelerare. Comunque, ribadisco, nella casetta stiamo bene e continuiamo a vivere alla giornata. Siamo sempre in attesa che si liberi una Sae più grande per poterci trasferire e trovarci decisamente meglio".
La sua macelleria è un’attività storica, ad Arquata: come è riuscito a ripartire dopo il sisma?
"E’ stata dura. Ma ci siamo rimboccati le maniche. Abbiamo riqualificato la nostra attività e ci siamo imposti, sin dal primo momento, di non delocalizzarla. Volevamo restare sul territorio e, seppur con molta fatica, ci siamo riusciti. La gente ha apprezzato i nostri sforzi e questo ci fa piacere. Anche se, devo ammetterlo, nella maggior parte degli arquatani vedo un po’ di distacco".
In che senso?
"Nei primi anni dopo il terremoto, molte persone che si erano trasferite ad Ascoli, in vallata o in riviera, tornavano ad Arquata ogni giorno. Anche semplicemente per respirare ‘aria di casa’. Ora, invece, chi si è spostato non torna quasi più. Le persone si sono abituate ad altri contesti, hanno cambiato vita. Anche tra i nostri clienti, oramai, vediamo poca gente del posto e lavoriamo soprattutto con le persone di passaggio o con chi viene appositamente a servirsi da noi perché apprezzano i nostri prodotti".
Qual è il suo augurio?
"Spero che lo spopolamento si fermi. Ma c’è bisogno di maggiori servizi se si vuole convincere le famiglie a restare. Oltre ad incentivi per le giovani coppie. Altrimenti i nostri paesi saranno destinati a scomparire".
Matteo Porfiri