Con la demolizione dell’ex ‘Casa di Tolleranza’ a Porta Cartara se ne è andato un pezzo di storia cittadina. La casa, costruita agli inizi del 1800 e presente anche in tante foto dell’epoca quando ancora il Ponte Cartaro aveva la vecchia struttura a 19 arcate per ospitare l’acquedotto. La casa all’angolo sostenuta dalle vecchie mura di cinta della Fortezza dell’Annunziata, è stata gravemente lesionata dal sisma del 2016 e così si è deciso di abbatterla per fare spazio ad un nuovo edificio. La ‘Casa di Tolleranza’ fu chiusa nel 1958 quando entrò in vigore la Legge Merlin. In precedenza era posizionata vicino al tribunale, poi fu trasferita sul Ponte di Porta Cartara, un po’ più distante dal centro storico, e gestita dalla signora Eva Pedretti, più nota come ‘La Baffuta’. Un donnone robusto che interpretava anche il ruolo di buttafuori, ma per placare chi non si comportava bene era sufficiente una telefonata in Questura per far accorrere subito la Forza Pubblica. L’epoca dei ‘Bordelli di Stato’ ha segnato tutto il periodo Fascista e anche la città di Ascoli attraverso questa ‘casa di piacere’ ha dato l’opportunità agli uomini di ogni ceto sociale e ragazzi alla prima esperienza amorosa di praticare il ‘sesso a pagamento’. L’unico obbligo era avere diciotto anni. E poi c’erano i curiosi, i cosiddetti ‘flanellisti’ che bighellonavano all’interno della casa osservando le ragazze, senza mai investire una lira. "Su, su giovinotti... O commercio, o libera la sala", ripeteva spesso la maîtresse per tenere il ritmo dei guadagni. La consumazione non era obbligatoria, ma quasi. Il cliente, scelta la ragazza, di solito vestita in modo seducente da una sarta del bordello, versava alla cassa il suo obolo e riceveva in cambio una ‘marchetta’ che in camera consegnava alla fanciulla. A fine serata il numero di ricevute in possesso della ragazza ne definiva il compenso. La casa di Porta Cartara era posizionata qualche metro sotto il livello della strada e vi si accedeva da un breve vialetto in discesa. Qui vi lavoravano decine di ragazze, destinate, in base alla loro avvenenza, alle diverse capacità di spesa dei clienti. Le più belle ricevevano ai piani più alti. Il locale dove le ragazze accoglievano i clienti in realtà era uno stanzino angusto e spoglio con all’interno solo letto e bidet.
Periodicamente le ragazze erano sottoposte a visite ginecologiche: un’altra delle regole imposte dal regime. La tutela sanitaria fu anzi uno dei cavalli di battaglia del Fascismo: non più prostitute sulle strade, ma al sicuro, nelle case. E ad Ascoli c’era anche chi esercitava nella casa propria. La signora Natalina, meglio conosciuta come ‘La Giacobba’, riceveva in una rua dietro la Cassa di Risparmio, Anna detta ‘La Storta’ esercitava in un fondaco dietro al teatro Ventidio Basso, la signora ‘Secondina’, avvenente emiliana emigrata in seguito all’alluvione del Polesine del 1951, riceveva in Rua d’Apollo, e ‘Lu Guf’ che lavorava invece nel quartiere Filarmonici. Insomma, storie di un’epoca passata che la demolizione della ‘Casa di Piacere’ a Porta Cartara ha fatto definitivamente scrivere la parola fine.
Valerio Rosa