
Il procuratore Umberto Monti
Hanno testimoniato il falso durante un processo nel tentativo di salvare un loro parente dall’accusa di aver sottoposto ad attenzioni a sfondo sessuale la nipote minorenne. Per questo il tribunale di Ascoli ha condannato a due anni e mezzo di reclusione quattro persone, la madre, la sorella, un parente e un amico dell’uomo che era sotto processo per la violenza sessuale e che attualmente è rinchiuso nel carcere di Teramo dove sta scontando una condanna a sei anni e 9 mesi di carcere, resa definitiva dal pronunciamento della Cassazione dello scorso febbraio. L’uomo era stato assolto in primo grado dal tribunale di Ascoli. Durante questo processo i familiari e l’amico avevano testimoniato che il giorno in cui è collocata la violenza la nipote non era in casa.
Non era un giorno qualsiasi, ma era il 4 agosto 2013, e si correva la Quintana. La Procura ha fatto appello e l’imputato era stato condannato una prima volta a sette anni dalla Corte d’Appello di Ancona, ma il successivo ricorso in Cassazione redatto dall’avvocata Gabriella Ceneri ha avuto esito positivo, con la trasmissione degli atti, per competenza territoriale, alla Corte d’Appello di Perugia. Successivamente è stato riconosciuto colpevole di violenza sessuale aggravata, atti sessuali e corruzione di minorenne; reati che era accusato di aver commesso nei confronti di sua nipote 13enne, i cui familiari si sono costituiti parte civile assistiti dagli avvocati Umberto Gramenzi e Silvia Morganti.
La giovane ha riferito degli abusi sessuali subìti dallo zio. In un’occasione l’uomo, trovandosi solo con lei, l’avrebbe toccata nelle parti intime facendole anche vedere un film porno amatoriale dal suo telefonino che coinvolgeva anche la zia, dandole pizzicotti lascivi. L’imputato in processo ha raccontato di essere stato sorpreso dalla nipote mentre si masturbava in salotto vedendo un filmino erotico, ma ha precisato che ciò era avvenuto in maniera assolutamente casuale. Sentiti anche i testimoni della difesa che a loro volta hanno confermato quanto sempre sostenuto, vale a dire che quel giorno, il 4 agosto 2013, la ragazzina non era in casa con lo zio. Nei loro confronti il procuratore Umberto Monti, che durante le testimonianze li aveva ripetutamente avvisato dei rischi che correvano, ha aperto un fascicolo e ha poi chiesto il processo per falsa testimonianza che si è concluso con le condanne di tutti a 2 anni e 6 mesi ognuno. L’accusa aveva chiesto 4 anni.
Peppe Ercoli