![Nelle parole di Giampiera Bartolucci, operaia dello stabilimento di Comunanza a rischio, tutta la preoccupazione dei lavoratori: "Devono capire che c’è in ballo il futuro di tante famiglie". Nelle parole di Giampiera Bartolucci, operaia dello stabilimento di Comunanza a rischio, tutta la preoccupazione dei lavoratori: "Devono capire che c’è in ballo il futuro di tante famiglie".](https://www.ilrestodelcarlino.it/image-service/view/acePublic/alias/contentid/YWU0MmE3ZmYtNmQxNS00/0/beko-ansia-e-sfiducia-se-chiudono-la-fabbrica-davvero-non-sapro-dove-sbattere-la-testa.webp?f=16%3A9&q=1&w=1280)
Nelle parole di Giampiera Bartolucci, operaia dello stabilimento di Comunanza a rischio, tutta la preoccupazione dei lavoratori: "Devono capire che c’è in ballo il futuro di tante famiglie".
Ansia, sfiducia, preoccupazione. E paura per il futuro. Sono questi gli stati d’animo provati, dallo scorso novembre, quando la Beko annunciò di punto in bianco la volontà di chiudere lo stabilimento di Comunanza, dai lavoratori dell’azienda.
Domani pomeriggio, a Roma, ci sarà il tavolo al Mimit (il ministero delle Imprese e del Made in Italy), nel corso del quale verrà chiesto alla multinazionale di ritirare il piano industriale. O, quanto meno, di rivederlo. Un appuntamento cruciale per gli oltre 300 dipendenti che a fine anno rischieranno di perdere il posto di lavoro. Tra questi c’è anche Giampiera Bartolucci. Vive a Montemonaco, ha quarantacinque anni e un figlio, piccolo, da crescere. Lavora alla Beko da più di vent’anni e mai avrebbe immaginato di vivere una situazione del genere.
Giampiera, cosa prova a poche ore dal vertice a Roma? "Sinceramente ho paura. Se chiuderanno la fabbrica non saprò davvero dove sbattere la testa. Non so cosa ne sarà di me. Venni assunta nel 2001 con un contratto a termine, poi nel 2007 sono diventata ‘fissa’. Ho passato in quest’azienda più della metà della mia vita. A questa età non sarà semplice trovare un altro lavoro. Sono davvero spaventata. Mi auguro che da Roma possano giungere buone notizie, ma in me c’è la consapevolezza del fatto che non sarà così".
Cosa chiede alle istituzioni? "Temo che possano fare poco, se la volontà della proprietà è quella di chiudere. Il sindaco Domenico Sacconi ci è stato molto vicino, così come tanti altri sindaci del territorio. Pure il governatore Acquaroli è stato spesso da noi. Sono convinta che la politica stia facendo il possibile per risolvere il problema. Ma non è facile. E credo che di più i nostri rappresentanti non possano fare. C’è solo da sperare in una presa di coscienza da parte della Beko dovuta al fatto che questa fabbrica lavora bene e ha sempre prodotto ottimi risultati. E devono capire che c’è in ballo il futuro di tante famiglie".
L’ultimo è stato un Natale particolare. Come l’ha vissuto? "Si è respirato un clima diverso. Questa incertezza lavorativa pesa. Sia sul morale che sulle tasche. Ognuno di noi sta cercando di tirare la cinghia. Sui regali, giusto per fare un esempio, mi sono limitata. E’ stato un Natale pesante, ecco, lo definirei così. Io, così come i miei colleghi, ho dato tutta me stessa per questa azienda. Mai avrei immaginato un simile trattamento".
Qual è la sua speranza? "Che ritirino il piano industriale e che tutto possa tornare come prima. Vorrei lavorare in serenità. In questa fabbrica vorrei andarci in pensione. Speriamo che davvero possa arrivare una notizia positiva da Roma. Perché, sono onesta, questo stato di tensione non lo reggo più. Voglio mantenere il mio lavoro e tornare a sognare. Al momento mi hanno tolto anche questa possibilità".
Matteo Porfiri