OTTAVIA FIRMANI
Cronaca

Attenzione ai piccoli gesti che nascondono soprusi: "Ti controlla il telefono? Non si chiama ’amore’"

La collettiva transfemminista di Ascoli: "Narrazione sbagliata, i femminicidi non sono ’delitti passionali’"

La collettiva transfemminista di Ascoli: "Narrazione sbagliata, i femminicidi non sono ’delitti passionali’"

La collettiva transfemminista di Ascoli: "Narrazione sbagliata, i femminicidi non sono ’delitti passionali’"

"La violenza sa essere ‘banale’, sottile e silenziosa: sono molti, anzi moltissimi, i gesti e i piccoli atti di violenza quotidiani". Così ‘Liber? Tutt?’, la collettiva transfemminista intersezionale attiva nella provincia di Ascoli, torna sul tema della violenza. "Sul territorio – fanno sapere - lavoriamo all’organizzazione del Pride Piceno, collaboriamo con la sezione locale di Aied nel rivendicare i diritti alla salute riproduttiva e all’aborto per donne e persone gestanti. Organizziamo assemblee, campegge transfem, facciamo volantinaggi, chiamiamo manifestazioni di protesta e presidi. Siamo di fianco ai Cav di zona nel diffondere buone pratiche e informazioni per la lotta alla violenza maschile sulle donne e di genere".

Cosa significa essere vittima di violenza di genere? "Essere vittima di violenza di genere significa subire un atto o una serie di atti violenti motivati dall’identità o espressione di genere della persona. Violenza di genere è quando una coppia lesbica viene aggredita per strada perché si tiene per mano, quando un ragazzo gay viene bullizzato a scuola per le sue scelte di vestiario. Quando un marito controlla il telefono alla moglie, quando le impone come vestirsi e truccarsi, chi vedere. La violenza di genere, quindi, è sistemica e riguarda in modo trasversale le donne, le persone trans, non binarie, queer, ma più in generale chiunque esca dal binarismo e dalla norma eterocispatriarcale. La violenza di genere che legittima il controllo, il dominio e la cancellazione dei corpi e delle soggettività marginalizzate, dirompenti e divergenti dalla norma. Se con violenza di genere, intendiamo parlare di violenze che riguardano donne cis, commesse da uomini cis etero allora sarebbe più appropriato usare la definizione ’violenza maschile sulle donne’".

Quali comportamenti anche quotidiani sono esempi di violenza di genere? "La violenza sa essere ‘banale’, sottile e silenziosa. Sono molti, anzi moltissimi, i gesti e i piccoli atti di violenza quotidiani (micro-aggressioni) che spesso vengono normalizzati. Ad esempio esercitare controllo sul o sulla partner, le molestia verbale per strada (catcalling), le battute sessiste o transfobiche ’per ridere’. La disparità di carico in famiglia o nelle relazioni. Tutti questi comportamenti sono parte di una stessa matrice culturale che giustifica la violenza minimizzandola".

Succede che la vittima venga incolpata per non aver colto i segnali. È davvero facile captare i segnali e agire? "No, non è affatto facile. Quando si parla di violenza maschile sulle donne il parterre di responsabilità che si possono essere attribuite alla vittima si moltiplica all’infinito: questo fenomeno si chiama vittimizzazione secondaria. Delle vittime si mettono alla gogna abitudini di vita, costumi sessuali e personalità. Dovremmo spostare lo sguardo dal ’perché non se ne va?’ al ’perché chi fa violenza si sente autorizzato a farlo?’".

Raccontare un femminicidio è complesso. Cosa si potrebbe migliorare? "Serve un cambio di paradigma: basta con la spettacolarizzazione del dolore, la ricerca del ’movente passionale’, la descrizione dell’assassino come una persona ’insospettabile’ o ’accecata dalla gelosia’. Il femminicidio non è un raptus: è l’ultimo atto di una storia di potere, possesso, controllo. Bisogna restituire voce e dignità alle vittime, usando i loro nomi, raccontando le loro vite, i loro sogni interrotti. E parlare delle responsabilità sistemiche: delle istituzioni che non ascoltano, dei media che distorcono, della cultura che insegna che l’amore è controllo. Per prima cosa si dovrebbero usare i termini corretti, come femminicidio e violenza maschile contro le donne, evitando eufemismi come ’tragedia familiare’ o ’delitto passionale’".

Ottavia Firmani