REDAZIONE ASCOLI

1831: i moti e le speranze deluse

Soltanto nell’ultima parte i moti rivoluzionari che fra il 1830 e il ’31 sconvolsero l’Europa misero in subbuglio lo Stato pontificio. La scintilla dell’arresto di Ciro Menotti a Modena nel gennaio 1831 agitò i territori dell’Emilia Romagna e delle Marche, tanto che il 14 febbraio il segretario di stato, il fermano card. Tommaso Bernetti, diffuse a nome di Gregorio XVI un proclama contro la “turba di scelerati” sovversivi, mettendo in allarme tutti gli “ascritti al servizio militare” per raggiungere, ove necessario, i loro corpi “a generosa difesa della Religione, della Patria e del Trono”. I giorni che seguirono furono decisivi. Le forze rivoluzionarie invasero le Marche e il 21 febbraio il generale Giuseppe Sercognani (al centro) entrò a Fermo rimuovendo il delegato apostolico mons. Giovanni Benedetto Folicaldi (a sinistra) per insediare un comitato provinciale provvisorio di governo, a capo del quale fu chiamato il marchese Federico Passeri. A farne parte furono chiamati i fermani Tommaso Salvadori, Giuseppe Censi, Bonaventura Petrocchi, Domenico Ranaldi, Giuseppe Fracassetti e, per la provincia, Giuseppe Neroni Cancelli di Ripatransone, Costantino Sinibaldi di Sant’Elpidio a Mare, Giacomo Prosperi di Montegiorgio, Giuseppe Palmaroli di Grottammare e Saverio Segreti di Monterubbiano.

Pier Damiano Armandi, amministratore a Porto San Giorgio dell’ex re di Vestfalia Girolamo Bonaparte, fatto generale, assunse il comando della piazza di Ancona per poi essere nominato ministro della guerra. Primo atto del nuovo governo fu dividere la ex delegazione pontificia in due province staccando Ascoli da Fermo. Furono promulgate nuove regole per dimostrare vicinanza al popolo (significativa l’abolizione dell’odiata tassa sul macinato) e furono organizzati distaccamenti della Guardia nazionale, con Giovanni Guerrieri capobattaglione. Fu un fuoco di paglia. Pochi giorni dopo il governo repubblicano, che aveva sperato in un sostegno austriaco e francese, capitolò e il 28 marzo 1831 il legato Giovanni Antonio Benvenuti negoziò a Bologna la resa degli insorti e il ritorno all’ubbidienza a Roma. A Fermo il conte Antonio Brancadoro (a destra) fu chiamato insieme a Eufemio Vinci e Nicola Morici a ricostituire i governi cittadino e provinciale. Pochi mesi dopo il Bonaparte, fiancheggiatore della rivolta, fu esiliato da Porto San Giorgio. Brancadoro diverrà gonfaloniere, Morici sarà l’ultimo delegato apostolico.

Giovanni Martinelli